venerdì 10 luglio 2009

Le fate

Sono giunto quasi alla fine di quest'altra settimana e, in effetti, non ho scritto molto su questp space. Per fortuna, però, il giorno dell'esame si avvicina e dopo quel giorno potrò avere più tempo.
Intanto, per stasera, non vi lascerò certamente senza "parole". Ed ecco che vi faccio leggere una fiaba di Perrault, lo stesso di "Cappuccetto rosso" e "Il gatto con gli stivali". La fiaba si chiama "Le fate" e alla fine contiene due morale scritte dallo stesso autore. Non commenterò visto che la fiaba non è cortissima...
Ma buona lettura!"C'era una volta una vedova che aveva due figliuole. La maggiore
somigliava tutta alla mamma, di lineamenti e di carattere, e chi vedeva
lei, vedeva sua madre, tale e quale. Tutte e due erano tanto
antipatiche e così gonfie di superbia, che nessuno le voleva
avvicinare. Viverci insieme poi, era impossibile addirittura. La
più giovane invece, per la dolcezza dei modi e per la
bontà del cuore, era tutta il ritratto del suo babbo... e
tanto bella poi, tanto bella, che non si sarebbe trovata l'eguale. E
naturalmente, poiché ogni simile ama il suo simile, quella
madre andava pazza per la figliuola maggiore; e sentiva per quell'altra
un'avversione, una ripugnanza spaventevole. La faceva mangiare in
cucina, e tutte le fatiche e i servizi di casa toccavano a lei.
Fra le altre cose, bisognava che quella povera ragazza andasse due
volte al giorno ad attingere acqua a una fontana distante
più d'un miglio e mezzo, e ne riportasse una brocca piena.

Un giorno, mentre stava appunto lì alla fonte, le apparve
accanto una povera vecchia che la pregò in carità
di darle da bere. "Ma volentieri, nonnina mia..." rispose
la bella fanciulla "aspettate; vi sciacquo la brocca..."
E subito dette alla mezzina una bella risciacquata, la
riempì di acqua fresca, e gliela presentò
sostenendola in alto con le sue proprie mani, affinché la
vecchiarella bevesse con tutto il suo comodo. Quand'ebbe bevuto,
disse la nonnina: "Tu sei tanto bella, quanto buona e quanto
per benino, figliuola mia, che non posso fare a meno di lasciarti un dono".
Quella era una Fata, che aveva preso la forma di una povera vecchia di
campagna per vedere fin dove arrivava la bontà della
giovinetta. E continuò: "Ti do per dono che ad ogni parola
che pronunzierai ti esca di bocca o un fiore o una pietra preziosa".

La ragazza arrivò a casa con la brocca piena, qualche minuto
più tardi; la mamma le fece un baccano del diavolo per quel
piccolo ritardo. "Mamma, abbi pazienza, ti domando scusa...",
disse la figliuola tutta umile, e intanto che parlava le uscirono di bocca
due rose, due perle e due brillanti grossi. "Ma che roba è questa!...",
esclamò la madre stupefatta, "sbaglio o tu sputi perle e brillanti!... O come mai,
figlia mia?..." Era la prima volta in tutta la sua vita che la chiamava
così, e in tono affettuoso. La fanciulla raccontò
ingenuamente quel che le era accaduto alla fontana; e durante il
racconto, figuratevi i rubini e i topazi che le caddero già dalla bocca!
"Oh, che fortuna...", disse la madre, "bisogna che ci mandi subito
anche quest'altra. Senti, Cecchina, guarda che cosa esce dalla bocca
della tua sorella quando parla. Ti piacerebbe avere anche per te lo
stesso dono?... Basta che tu vada alla fonte; e se una vecchia ti
chiede da bere, daglielo con buona maniera." "E non ci mancherebbe altro!...",
rispose quella sbadata. "Andare alla fontana ora!"
"Ti dico che tu ci vada... e subito", gridò la mamma.

Brontolò, brontolò; ma brontolando prese la
strada portando con sé la più bella fiasca
d'argento che fosse in casa. La superbia, capite, e
l'infingardaggine!... Appena arrivata alla fonte, eccoti apparire una
gran signora vestita magnificamente, che le chiede un sorso d'acqua.
Era la medesima Fata apparsa poco prima a quell'altra sorella; ma aveva
preso l'aspetto e il vestiario di una principessa, per vedere fino a
quale punto giungeva la malcreanza di quella pettegola.
"O sta' a vedere...", rispose la superba, "che son venuta qui per dar
da bere a voi!... Sicuro!... per abbeverare vostra Signora, non per
altro!... Guardate, se avete sete, la fonte eccola lì."
"Avete poca educazione, ragazza...", rispose la Fata senza adirarsi
punto, "e giacché siete così sgarbata, vi do per
dono che ad ogni parola pronunziata da voi vi esca di bocca un rospo o
una serpe."

Appena la mammina la vide tornare da lontano, le gridò a
piena gola: "Dunque, Cecchina, com'è andata?".
"Non mi seccate, mamma!...", replicò la monella; e
sputò due vipere e due rospacci.
"O Dio!... che vedo!...", esclamò la madre. "La colpa deve
essere tutta di tua sorella, ma me la pagherà..."
E si mosse per picchiarla. Quella povera figliuola fuggì via
di rincorsa e andò a rifugiarsi nella foresta vicina.
Il figliuolo del Re che ritornava da caccia la incontrò per
un viottolo, e vedendola così bella, le domandò
che cosa faceva in quel luogo sola sola, e perché piangeva tanto.
"La mamma...", disse lei, "m'ha mandato via di casa e mi voleva
picchiare..." Il figliuolo del Re, che vide uscire da quella bocchina cinque o sei
perle e altrettanti brillanti, la pregò di raccontare come
mai era possibile una cosa tanto meravigliosa. E la ragazza
raccontò per filo e per segno tutto quello che le era
accaduto. Il Principe reale se ne innamorò subito e considerando che
il dono della Fata valeva più di qualunque grossa dote che
potesse avere un'altra donna, la condusse senz'altro al palazzo del Re
suo padre e se la sposò.Quell'altra sorella frattanto si fece
talmente odiare da tutti, che sua madre stessa la cacciò
via di casa; e la disgraziata dopo
aver corso invano cercando chi acconsentisse a riceverla
andò a morire sul confine del bosco.

MORALE
Gli smeraldi, le perle, ed i diamanti
Abbaglian gli occhi col vivo splendore;
Ma le dolci parole e i dolci pianti
Hanno spesso più forza e più valore.

ALTRA MORALE
La cortesia che le bell'alme accende,
Costa talora acerbi affanni e pene; Ma presto o tardi la
virtù risplende, E quando men ci pensa il premio ottiene"

A presto!

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