domenica 28 agosto 2011

Io ho un sogno....

Oggi diamo per scontati molti diritti che, direttamente o indirettamente, ci toccano. Oggi è "normale" scioperare, è "normale" avere la parità tra sessi (anche se magari non è pienamente realizzata, ma almeno non è più un mondo esclusivamente maschilista), è "normale" che raggiunti i 18 anni si possa esprimere il proprio voto politico o aministrativo, è "normale" pensare che neri e bianchi non siano affatto diversi e riconoscere pari diritti a tutti, indipendentemente dalle origini.

Ma su quest'ultimo punto, persino uno Stato definito "la potenza mondiale" e "il Paese della libertà e delle opportunità", gli Stati Uniti, sono stati arretrati fino agli inizi degli anni '70. Ai neri, infatti, era quasi impossibile ad accedere a cariche pubbliche e spesso vivevano in quartieri periferici, simili ai ghetti nazisti. E, nonostante se ne parli pochissimo, c'erano persino leggi di selezioni di razze e di eliminazione di persone portatrici di handicap! Insomma, non proprio il Paese più libero del mondo.

Nel 1964, John Fitzgerald Kennedy emanò il "Civil Rights Act", col quale si garantiva uguale accesso a neri e bianchi nei lavori tanto pubblici quanto privati. Questo, tuttavia, non bastò e due grandi personalità si misero a capo di due proteste con lo stesso fine: Malcom X, a capo dei Back Muslims, sostenne l'integrazione economica completa dei neri nelle grandi città, e Martin Luther King, che si battè per i diritti civili dei neri.

Concentrandoci su quest'ultimo, il 28 agosto 1963 (48 anni fa) si fece promotore di una marcia su Washington, al termine del quale, davanti al Lincoln Memorial, pronunciò il celeberrimo "I have a dream". E le sue parole sono meravigliose, taglienti, storiche ma soprattutto di un sogno che lentamente si realizzò.

"Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande  dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò ilProclama sull’Emancipazione.

Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.

Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della Repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.

Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.

Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo.

Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.

Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.

Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà.

E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono: "Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.

Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.

E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani,

Io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.

Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.

Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.

Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.

Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.

Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.

Ma non soltanto.

Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.

Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.

Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.

Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.

E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente".

Dando per scontati alcuni principi e diritti che sono di ogni umano, lentamente stiamo implicitamente accettando di farci soggiogare e di rinunciare a tutto ciò che ci spetta. Abbiamo lentamente perso il piacere di avere un'informazione imparziale (esiste?); di fare un'esistenza orientata alla soddisfazione nostra e della famiglia, a discapito della disumana sopravvivenza; abbiamo perso il piacere di lottare in ciò in cui crediamo perchè forse un giorno qualcuno si accorgerà di noi e, mosso a compassione, ci darà quei 50 centesimi che ci servivano per pagare altri 10 boccate di ossigeno e poi, lentamente, morire asfissiato nel'indifferenza di una vita vuota.

E accettiamo questo perchè ci è stata insegnata la sola rassegnazione e abbiamo perso quella fame che aveano Gandhi, Malcom X o Martin Luther King per gli IDEALI. Ma forse anche quelle non erano altro che parole al vento...

Umore del giorno: allegro per una giornata di festa in famiglia

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sabato 27 agosto 2011

Boxerbeat

Questa settimana, oltre a studiare, ho cercato "nuovi" successi degli anni '80 e una piacevole sorpresa è venuta da un gruppo inglese che tra il 18983 e il 1985 ha pubblicato cinque singoli con un successo via via decrescente. Loro sono i JoBoxers. Mai sentiti, vero?

La prima canzone, "Boxerbeat",  fu quella che in assoluto ebbe successo più di tutte e che voglio farvi sentire stasera. E' un rock and roll piacevole e, dato che la traduzione non ha niente di eccezionale, passiamo subito al video:







 

Una canzone spensierata e niente male. Chene pensate?

Umore del giorno: normale, con niente in particolare per la testa...

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martedì 23 agosto 2011

Le ultime parole ai giudici di Vanzetti

Sono passati 84 anni (era il 23 agosto 1927) da quando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono uccisi sulla sedia elettrica per "omicidio". Come scrissi già un mesetto fa, la loro condanna non fu basata tanto sulle prove materiali, ma sul clima di razzismo che dominava  gli Stati Uniti in quel periodo.

Prima di essere ucciso, Bartolomeo Vanzetti fece un discorso davanti al giudice Thayer, un discorso che nel film "Sacco e Vanzetti" di Montaldo fa venire i brividi. L'ho cercato su internet e ho trovato il discorso intero, che però era interminabile. Quindi ho dovuto tagliare alcune parti e lasciare almeno i tratti salienti. Prima di leggere quelle ultime parole, vorrei che ricordaste la storia di questi due italiani (http://mysadthoughts.wordpress.com/2011/07/12/sacco-e-vanzetti/) e devo puntualizzare che il signora Katzmann di cui leggerete è il procuratore generale che accusò i due.

"Sí. Quel che ho da dire è che sono innocente, non soltanto del delitto di Braintree, ma anche di quello di Bridgewater. Che non soltanto sono innocente di questi due delitti, ma che in tutta la mia vita non ho mai rubato né ucciso né versato una goccia di sangue. Questo è ciò che voglio dire. E non è tutto. Non soltanto sono innocente di questi due delitti, non soltanto in tutta la mia vita non ho rubato né ucciso né versato una goccia di sangue, ma ho combattuto anzi tutta la vita, da quando ho avuto l'età della ragione, per eliminare il delitto dalla terra.

Queste due braccia sanno molto bene che non avevo bisogno di andare in mezzo alla strada a uccidere un uomo, per avere del denaro. Sono in grado di vivere, con le mie due braccia, e di vivere bene. Anzi, potrei vivere anche senza lavorare, senza mettere il mio braccio al servizio degli altri. Ho avuto molte possibilità di rendermi indipendente e di vivere una vita che di solito si pensa sia migliore che non guadagnarsi il pane col sudore della fronte.

Mio padre in Italia è in buone condizioni economiche. Potevo tornare in Italia ed egli mi avrebbe sempre accolto con gioia, a braccia aperte. Anche se fossi tornato senza un centesimo in tasca, mio padre avrebbe potuto occuparmi nella sua proprietà, non a faticare ma a commerciare, o a sovraintendere alla terra che possiede. Egli mi ha scritto molte lettere in questo senso, ed altre mene hanno scritte i parenti, lettere che sono in grado di produrre.

Certo, potrebbe essere una vanteria. Mio padre e i miei parenti potrebbero vantarsi e dire cose che possono anche non essere credute. Si può anche pensare che essi sono poveri in canna, quando io affermo che avevano i mezzi per darmi una posizione qualora mi fossi deciso a fermarmi, a farmi una famiglia, a cominciare una esistenza tranquilla. Certo. Ma c'è gente che in questo stesso tribunale poteva testimoniare che ciò che io ho detto e ciò che mio padre e i miei parenti mi hanno scritto non è una menzogna, che realmente essi hanno la possibilità di darmi una posizione quando io lo desideri.

Vorrei giungere perciò ad un'altra conclusione, ed è questa: non soltanto non è stata provata la mia partecipazione alla rapina di Bridgewater, non soltanto non è stata provata la mia partecipazione alla rapina ed agli omicidi di Braintree né è stato provato che io abbia mai rubato né ucciso né versato una goccia di sangue in tutta la mia vita; non soltanto ho lottato strenuamente contro ogni delitto, ma ho rifiutato io stesso i beni e le glorie della vita, i vantaggi di una buona posizione, perché considero ingiusto lo sfruttamento dell'uomo. Ho rifiutato di mettermi negli affari perché comprendo che essi sono una speculazione ai danni degli altri: non credo che questo sia giusto e perciò mi rifiuto di farlo.

Vorrei dire, dunque, che non soltanto sono innocente di tutte le accuse che mi sono state mosse, non soltanto non ho mai commesso un delitto nella mia vita — degli errori forse, ma non dei delitti — non soltanto ho combattuto tutta la vita per eliminare i delitti, i crimini che la legge ufficiale e la morale ufficiale condannano, ma anche il delitto che la morale ufficiale e la legge ufficiale ammettono e santificano: lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. E se c'è una ragione per cui io sono qui imputato, se c'è una ragione per cui potete condannarmi in pochi minuti, ebbene, la ragione è questa e nessun'altra.

[…] Eugenio Debs diceva che nemmeno un cane — qualcosa di paragonabile a noi — nemmeno un cane che ammazza i polli poteva essere giudicato colpevole da una giuria americana con le prove che sono state prodotte contro di noi. Io dico che nemmeno a un cane rognoso la Corte Suprema del Massachusetts avrebbe respinto due volte l'appello — nemmeno a un cane rognoso.

Si è concesso un nuovo processo a Madeiros perché il giudice o aveva dimenticato o aveva omesso di ricordare alla giuria che l'imputato deve essere considerato innocente fino al momento in cui la sua colpevolezza non è provata in tribunale, o qualcosa del genere. Eppure, quell'uomo ha confessato. Quell'uomo era processato e ha confessato, ma la Corte gli concede un altro processo.

Noi abbiamo dimostrato che non poteva esistere un altro giudice sulla faccia della terra più ingiusto e crudele di quanto lei, giudice Thayer, sia stato con noi. Lo abbiamo dimostrato. Eppure ci si rifiuta ancora un nuovo processo. Noi sappiamo che lei nel profondo del suo cuore riconosce di esserci stato contro fin dall'inizio, prima ancora di vederci. Prima ancora di vederci lei sapeva che eravamo dei radicali, dei cani rognosi. Sappiamo che lei si è rivelato ostile e ha parlato di noi esprimendo il suo disprezzo con tutti i suoi amici, in treno, al Club dell'Università di Boston, al Club del Golf di Worcester, nel Massachusetts. Sono sicuro che se coloro che sanno tutto ciò che lei ha detto contro di noi avessero il coraggio civile di venire a testimoniare, forse Vostro Onore — e mi dispiace dirlo perché lei è un vecchio e anche mio padre è un vecchio come lei — forse Vostro Onore siederebbe accanto a noi, e questa volta con piena giustizia.

[…] Il mio primo avvocato era un complice di mister Katzmann, e lo è ancora. Il mio primo avvocato difensore, mister Vahey, non mi ha difeso: mi ha venduto per trenta monete d'oro come Giuda vendette Gesú Cristo. Se quell'uomo non è arrivato a dire a lei o a mister Katzmann che mi sapeva colpevole, ciò è avvenuto soltanto perché sapeva che ero innocente. Quell'uomo ha fatto tutto ciò che indirettamente poteva danneggiarmi. Ha fatto alla giuria un lungo discorso intorno a ciò che non aveva alcuna importanza, e sui nodi essenziali del processo è passato sopra con poche parole o in assoluto silenzio. Tutto questo era premeditato, per dare alla giuria la sensazione che il mio difensore non aveva niente di valido da dire, non aveva niente di valido da addurre a mia difesa, e perciò si aggirava nelle parole di vacui discorsi che non significavano nulla e lasciava passare i punti essenziali o in silenzio o con una assai debole resistenza.

Siamo stati processati in un periodo che è già passato alla storia. Intendo, con questo, un tempo dominato dall'isterismo, dal risentimento e dall'odio contro il popolo delle nostre origini, contro gli stranieri, contro i radicali, e mi sembra — anzi, sono sicuro — che tanto lei che mister Katzmann abbiate fatto tutto ciò che era in vostro potere per eccitare le passioni dei giurati, i pregiudizi dei giurati contro di noi.

[…] Ma la giuria ci aveva odiati fin dal primo momento perché eravamo contro la guerra. La giuria non si rendeva conto che c'è della differenza tra un uomo che è contro la guerra perché ritiene che la guerra sia ingiusta, perché non odia alcun popolo, perché è un cosmopolita, e un uomo invece che è contro la guerra perché è in favore dei nemici, e che perciò si comporta da spia, e commette dei reati nel paese in cui vive allo scopo di favorire i paesi nemici. Noi non siamo uomini di questo genere. Katzmann lo sa molto bene. Katzmann sa che siamo contro la guerra perché non crediamo negli scopi per cui si proclama che la guerra va fatta. Noi crediamo che la guerra sia ingiusta e ne siamo sempre più convinti dopo dieci anni che scontiamo — giorno per giorno — le conseguenze e i risultati dell'ultimo conflitto. Noi siamo più convinti di prima che la guerra sia ingiusta, e siamo contro di essa ancor più di prima. Io sarei contento di essere condannato al patibolo, se potessi dire all'umanità: «State in guardia. Tutto ciò che vi hanno detto, tutto ciò che vi hanno promesso era una menzogna, era un'illusione, era un inganno, era una frode, era un delitto. Vi hanno promesso la libertà. Dov'è la libertà?

Vi hanno promesso la prosperità. Dov'è la prosperità? Dal giorno in cui sono entrato a Charlestown, sfortunatamente la popolazione del carcere è raddoppiata di numero. Dov'è l'elevazione morale che la guerra avrebbe dato al mondo? Dov'è il progresso spirituale che avremmo raggiunto in seguito alla guerra? Dov'è la sicurezza di vita, la sicurezza delle cose che possediamo per le nostre necessità?

Dov'è il rispetto per la vita umana? Dove sono il rispetto e l'ammirazione per la dignità e la bontà della natura umana? Mai come oggi, prima della guerra, si sono avuti tanti delitti, tanta corruzione, tanta degenerazione.

Se ricordo bene, durante il processo, Katzmann ha affermato davanti alla giuria che un certo Coacci ha portato in Italia il denaro che, secondo la teoria della pubblica accusa, io e Sacco avremmo rubato a Braintree. Non abbiamo mai rubato quel denaro. Ma Katzmann, quando ha fatto questa affermazione davanti alla giuria, sapeva bene che non era vero. Sappiamo già che quell'uomo è stato deportato in Italia, dopo il nostro arresto, dalla polizia federale. Io ricordo bene che il poliziotto federale che lo accompagnava aveva preso i suoi bauli, prima della traduzione, e li aveva esaminati a fondo senza trovarvi una sola moneta.

Ora, io dico che è un assassinio sostenere davanti alla giuria che un amico o un compagno o un congiunto o un conoscente dell'imputato o dell'indiziato ha portato il denaro in Italia, quando si sa che non è vero. Io non posso definire questo gesto altro che un assassinio, un assassinio a sangue freddo.

[…] perché Katzmann sapeva che metà della popolazione di Plymouth sarebbe stata disposta a venire in tribunale per dire che in sette anni vissuti in quella città non ero mai stato visto ubriaco, che ero conosciuto come il piú forte e costante lavoratore della comunità. Mi definivano «il mulo», e coloro che conoscevano meglio le condizioni di mio padre e la mia situazione di scapolo si meravigliavano e mi dicevano: «Ma perché lei lavora come un pazzo, se non ha né figli né moglie di cui preoccuparsi?».

[…] Ma nel frattempo egli [Katzmann] disse alla giuria che io ero già stato processato in precedenza. È con questi metodi scorretti che egli ha distrutto la mia vita e mi ha rovinato.

[…] eppure io sono convinto che aveva già deciso: fin dal momento in cui il processo era finito, lei [giudice Thayer] aveva già in cuore la risoluzione di respingere tutti gli appelli che le avremmo rivolti. Lei aspettò un mese o un mese e mezzo, giusto per render nota la sua decisione alla vigilia di Natale, proprio la sera di Natale. Noi non crediamo nella favola della notte di Natale, né dal punto di vista storico né da quello religioso. Lei sa bene che parecchie persone del nostro popolo ci credono ancora, ma se noi non ci crediamo ciò non significa che non siamo umani. Noi siamo uomini, e il Natale è dolce al cuore di ogni uomo. Io penso che lei abbia reso nota la sua decisione la sera di Natale per avvelenare il cuore delle nostre famiglie e dei nostri cari. Mi dispiace dir questo, ma ogni cosa detta da parte sua ha confermato il mio sospetto fino a che il sospetto è diventato certezza.

[…] Ciò che desidero dire è questo: il compito della difesa è stato terribile. Il mio primo avvocato non aveva voluto difenderci. Non aveva raccolto testimonianze né prove a nostro favore. I verbali del tribunale di Plymouth erano una pietà. Mi è stato detto che piú di metà erano stati smarriti. Cosicché la difesa aveva un tremendo lavoro da fare, per raccogliere prove e testimonianze, per apprendere quel che i testimoni dello Stato avevano sostenuto e controbatterli. E considerando tutto questo, si può affermare che se anche la difesa avesse preso doppio tempo dello Stato, ritardando cosí il caso, ciò sarebbe stato piú che ragionevole. Invece, purtroppo, la difesa ha preso meno tempo dello Stato.

Ho già detto che non soltanto non sono colpevole di questi due delitti, ma non ho mai commesso un delitto in vita mia non ho mai rubato, non ho mai ucciso, non ho mai versato una goccia di sangue, e ho lottato contro il delitto, ho lottato sacrificando anche me stesso per eliminare i delitti che la legge e la chiesa ammettono e santificano.

Questo è ciò che volevo dire. Non augurerei a un cane o a un serpente, alla piú miserevole e sfortunata creatura della terra, ciò che ho avuto a soffrire per colpe che non ho commesso. Ma la mia convinzione è un'altra: che ho sofferto per colpe che ho effettivamente commesso. Sto soffrendo perché sono un radicale, e in effetti io sono un radicale; ho sofferto perché sono un italiano, e in effetti io sono un italiano; ho sofferto di piú per la mia famiglia e per i miei cari che per me stesso; ma sono tanto convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e per due volte io potessi rinascere, vivrei di nuovo per fare esattamente ciò che ho fatto finora.

Ho finito. Grazie."

Queste parole dicono tutto. Se non avete ancora visto il film di Montaldo, questo è il giorno giusto!

Umore del giorno: preoccupato per il caldo che farà oggi, perchè se sarà tropo forte non mi sarà facile studiare!

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sabato 20 agosto 2011

Amami stanotte

Mercoledì scorso partecipai a una festa a tema hippy. Nonostante fino a 3 ore prima ancora non sapevo se partecipare, arrivato alla festa mi divertii tantissimo. E' stata un'esperienza bellissima: vedere altri giovani vestiti nello stile fine anni '60 e poi sentire tantissimi capolavori musicali e farsi trascinare dal ritmo... Da giovedì mattina non faccio che pensare agli anni '60 e mi sento quasi in astinenza da essi. In quest'estate, fatta soprattutto di studio e nient'altro, questa festa mi ha dato una carica particolare. E questo sabato non posso che tornare in quegli anni.

Ritorno alla fine degli anni '60, però, proponendovi non un rock'n'roll o una canzone folk, bensì una canzone d'amore pop. Niente a che vedere con la musica americana, dunque, ma sentiremo un noto cantante gallese che ha sfondato ovunque: Tom Jones! Stamattina, quasi in una vena di insensato romanticismo rivolto verso nessuno, ho voluto sentire quali successi ha composto questo noto cantante, di cui conoscevo solo i successi più recenti (come Black Betty e Sex bomb). E ne ho trovato delle carine!

Una su tutte, fino al 1969, mi ha colpito più delle altre ed è "Love me tonight", che vi faccio sentire oggi. La traduzione su internet non l'ho trovata, ma essendo un testo d'amore non ho una grandissima voglia di farla. Se qualcuno vuole, può, poi, aggiungerla nei commenti!







 

Canzone affascinante, eh? Non si possono non amare gli anni '60! Buon weekend!

Umore del giorno: allegro, ma ancora una volta senza un motivo preciso

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martedì 16 agosto 2011

L'uomo e il mare

Più o meno vacanze per tutti, quindi oggi mi mantengo leggero anche io. E' tempo di mare, quindi perchè no una bellissima poesia su di esso. Magari anche di uno dei miei poeti preferiti: Charles Baudelaire. La poesia si chiama "L’uomo e il Mare".

"Sempre il mare, uomo libero, amerai!
perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell’infinito svolgersi dell’onda
l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l’abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento.
Discreti e tenebrosi ambedue siete:
uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
mare, le tue più intime ricchezze,
tanto gelosi siete d’ogni vostro
segreto. Ma da secoli infiniti
senza rimorso né pietà lottate
fra voi, talmente grande è il vostro amore
per la strage e la morte, o lottatori
eterni, o implacabili fratelli!"

Umore del giorno: stanco (anch'io sono andato a mare oggi!)

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sabato 13 agosto 2011

Tu appartieni alla città

In questo periodo, stiamo sentendo delle rivolte a Londra, dove il disagio giovanile si sta manifestando nella maniera più brutale. Su un quotidiano si è accennato ai Clash, che nella loro "London Calling" (già proposta su questo blog), avevano parole quasi profetiche sulla rivolta  di questi giorni. E il rock è pieno di altre canzoni che parlano di rivolte.

Mentre oggi pomeriggio ascoltavo canzoni anni '80 che mi hanno dato, ho trovato una canzone bellissima che in parte già conoscevo, grazie a Jay-Z che ha incluso il ritornello di "You belong to the city" nel suo ritornello. La canzone la cantava Glenn Frey (già fondatore degli Eagles) e faceva parte della colona sonora del telefilm Miami Vice del 1985.

La traduzione, purtroppo, non l'ho trovata, ma non mi è dispiaciuto farla. Come leggerete, anche qui si parla del disagio, sebbene questo sia il disagio della grande città.

"Il sole tramonta, la notte avanza / Puoi sentirla iniziare ovunque di nuovo / La luna si leva e la musica chiama / Tu stai ti stai stancando di startene nelle solite quattro mura. / Sei fuori dalla stanza e giù nella strada /Muovendoti nella folla e nel caldo di mezzanotte / Il traffico procede lentamente, le sirene gridano / Guardi le facce, come in un sogno / Nessuno sa dove stai andando /A nessuno importa dove sei stato. / Perchè tu appartieni alla città / Tu appartieni alla notte / Abitando in un fiume di oscurità /Sotto le luci al neon. / Tu sei nato nella città / Di calcestruzzo sotto i tuoi piedi / È nei tuoi movimenti, è nel tuo sangue / Tu sei un uomo della strada. /  Quando hai detto addio, eri in fuga / Cercando di scappare dalle cose che hai fatto / Ore sei tornato di nuovo indietro, e ti senti strano / Come se fossero successe molte cose, ma niente è cambiato / Tu non sai ancora dove stai andando / Sei ancora una faccia nella folla. /  Puoi sentirlo, puoi provarlo/ Puoi vederlo, puoi guardarlo in faccia / Puoi sentirlo, hey, ci stai andando vicino, hey / Vuoi farlo, perché puoi prenderlo / Tu appartieni alla città."

Ricordo ancora quando qualche anno fa parlavo di lasciare il paese in cui vivo per trasferirmi in una grande città. Alla fine, si può confrontare come può starti stretto un piccolo paesino che non ha più molto da offrirti, mentre può spersonalizzarti una grande città, accettando di viverci.. perchè "sei nato nella città di calcestruzzo sotto i tuoi piedi".

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=j4ueaD22hg8?rel=0&w=425&h=349]


Amo quel sax contralto di base e il video mi piace molto! Sarà anche che la magica ambientazione di New York abbia un fascino non invidiabile...

Beh, stasera scendete nelle strade del vostro paese o della vostra città e respirate l'aria (magari per quelli di  Taranto o Brindisi sarebbe meglio indossare una mascherina prima!) e l'atmosfera di un sabato sera che sta arrivando!

Umore del giorno: innamorato di quel sax... Niente da fare!

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mercoledì 10 agosto 2011

Cammino sotto le stelle lontane

Nella famosa notte di San Lorenzo, stasera quasi tutti alzeremo lo sguardo verso il cielo a vedere le "stelle cadenti" e esprimere un desiderio. In realtà, ciò che noi vedremo saranno piccole meteore della costellazione delle Perseidi che entrano nell'atmosfera terrestre. Per chi volesse metterla sul religioso, le "stelle cadenti" rievocano i carboni ardenti su cui fu bruciato vivo l'arcidiacono Lorenzo in seguito dell'editto dell'imperatore romano Valeriano (258).

Ho sempre detto che il cielo stellato sia una delle meraviglie più grandiose della natura. Guardarlo equivale a perdersi con gli occhi e con la mente nell'universo, fino alle origini dell'uomo ed oltre!

Navigando in Internet, ho casualmente letto una bellissima poesia adatta a stasera. Il poeta è John Wieners, poeta beat. Il titolo della poesia è "Cammino sotto le stelle lontane"

"Cammino sotto le stelle lontane
come facevo da piccolo con mio fratello, come facevo
in quelle lunghe, fredde
notti di S. Francisco, che sembravano non avere limiti -
solo viali
di colonne e sempreverdi,
senza muri.
E guardo in alto e vedo gli spazi tra le stelle
penso alle nebbie e alle miglia che le separano,
cosa attraverseremmo per essere insieme:
Così mi ritrovo a Churchill Street
tornando a casa dal negozio
gli occhi rivolti ai densi gruppi
che crepitano nella notte,
 
E sento di nuovo la domanda che dimora
nelle nostre menti
sull'idea che è dietro all'uomo
il suo posto nell'universo
e l'universo,
il suo posto nell'uomo.
 
E resto come quando avevo otto anni
con lo stupore di cos'è a creare tutto,
l'infinità tra ciascuna luce
e l'eternità di una.
E sono muto con la domanda"
 
Io ritrovo ciò che ho sempre pensato delle stelle in questa poesia. Magari stasera che alzato il naso all'insù ricordatevi di queste parole e rifletteteci meglio. Tutto si colorerà di una meravigliosa magia!

Umore del giorno: del normale studente che deve studiare, ma che per un motivo o un altro divaga!

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martedì 9 agosto 2011

Lo scempio delle baby-modelle

Da un po' di tempo pensavo che mi stavo esprimendo solo attraverso testi di canzone e quasi mai più basandomi su fatti di cronaca. Evitando di parlare di economia o politica, oggi partiamo da un'immagine. Piuttosto inconsueto da parte mia, ma notate l'immagine qui sotto e ditemi se notate qualcosa di strano.



Sconvolgente, eh? Si chiama Thylane Léna-Rose Blondeau, ha 10 anni (solo 10 anni!) ed è una modella ricercatissima.

E' un'assurdità! Non mi son mai interessato al mondo della moda, alle modelle e  a tutto ciò che gira lì dietro, ma un piccolo titoletto mentre stamattina sfogliavo un quotidiano mi ha lasciato basito! Informandomi su internet, ho letto che non è affatto inusuale vedere bambini e bambine che prestano i loro corpi per fare i modelli o le sfilate. E potremmo anche permettere che questi posino per i vestiti da bambini (meglio se solo occasionalmente o, meglio, solo una volta o due).  Ma che si trucchi una bambina e la si atteggi a persona adulta, secondo me, è inammissibile! Viene mercificata e mortificata non solo una donna, ma la bellezza e l'innocenza di una bambina...

Io non riesco a guardarla quella foto, mi fa rabbrividire. E' uno scempio! Una bambina di 10 anni (potrebbe essere mia cugina!) che invece di giocare come gli altri bambini, gira per la Francia e sfila su tacchi alti e con rossetto. E i genitori insistono che non faranno ritirare la loro figlia dalla moda, nonostante le critiche.

Fortunatamente, persone di buon senso esistono. La prima fotografa ad avere creato una pubblicità del genere con questa bambina si è dimessa (o è stata licenziata). Purtroppo, però, ci sono anche le persone senza scrupoli, oltre ai genitori, come la casa di moda (che non cito perchè non merita tanti onori), che ha ufficialmente ingaggiato questa bambina.

Ancora più sconcertante, infine, è che molte bambine, "affascinate" da Thylane, ora sognano di diventare così. Dopo il sogno di diventare "veline", anche quello di essere baby-modelle, magari incoraggiate da genitori stupidi.

Non riesco a esprimere maggiormente il mio disappunto... Su tutto, ora, mi viene in mente una canzone di Zarrillo, che vi feci leggere molto tempo fa. E con quelle parole chiuderò: "... non sembra cattivo il mondo e dirti sei un regalo della vita ma non andrebbe vissuta questa infanzia negata e persa"

Umore del giorno: dopo questa raccapricciante e disgustosa foto, devo ritrovare le forze per iniziare a studiare

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sabato 6 agosto 2011

Who'll stop the rain?

Deluso dal risultato della finale di Supercoppa italiana, torniamo a parlare di beat generation. Volendo momentaneamente chiudere questa (quasi) lunga parentesi che ho iniziato sulla beat generation, meritano un accenno gli hippie. Come dissi il primo giorno in cui vi parlai della beat generation, il movimento hippy (o hippie) nasce da quello degli hipster.

La musica hippie è ricchissima di grandi autori, i quali credevano nella decadenza della società eccessivamente conformista e consumistica e nella rivoluzione sessuale, facevano largo uso di droghe e acidi e condannavano la guerra (la cultura hippie, tra l'altro si inserisce nel delicato periodo della guerra del Vietnam).

Sicuramente, la manifestazione che più ci fa ricordare gli hippie è il Festival di Woostock, uo dei più grandi concerti della storia. Trai vari artisti che si presentarono, c'erano i Creedence Clearwater Revival, o CCR. In realtà, credevo di avere già messo la celeberrima "Proud Mary", ma mi sono reso conto che non abbiamo mai sentito niente di questo gruppo.

Ecco allora che, ricordando anche che oggi si celebra il 66° anniversario dallo sgancio della prima bomba atomica, vi propongo una canzone contro la guerra, tema di cui trattarono più volte  questo gruppo. La canzone è "Who'll stop the rain".

"Da quando ricordo cadere la pioggia / e misteriose nuvole gettare confusione sul terreno / I buoni uomini cercare il sole attraverso il tempo / Mi chiedo, ancora mi domando chi fermerà la pioggia. / Attraversai la Virginia, cercando un riparo dalla tempesta / Catturato nella favola, vidi la torre crescere / i piani di cinque anni e nuovi affari avvolti in catene dorate / e mi chiedo, ancora mi domando chi fermerà la pioggia. / Sentivo i cantanti suonare, e come chiedevamo insistenti per sentirli suonare ancora / La folla si era assembrata assieme, cercando di farsi caldo / e ancora la pioggia scrosciava, colandomi lungo le orecchie / e mi chiedo, ancora mi domando chi fermerà la pioggia."

Chi fermerà la pioggia in Libia? E chi fermerà la pioggia in Siria? E chi fermerà la pioggia negli Stati africani, di cui orma non sentiamo più nemmeno parlare? Quando queste guerre finiranno? Quando la  Guerra finirà? Chi fermerà i business delle armi e quando si capirà che occorre mettere da parte i propri egoismi e i propri interessi per farla finita con inutili stragi? La gente ha paura perchè la violenza non si termina con la violenza, anzi ne genera altra ancora. E genera odio, che si tramanda. Tutto ciò di cui il mondo ha bisogno è calore, è amore, è dialogo!  Le parole dei cantanti  e di tutti gli operatori di pace in generale che cercano di promuovere il dialogo per realizzare la pace non sono parole al vento: sono parole che cercano di entrare nei cuori di chi li ascolta e "riscaldano" quelli delle persone che hanno paura.







Un'altro po' di folk, misto a rock. Se non vi è piaciuto, da sabato prossimo provo a fare un balzo più verso gli anni '80!

Umore del giorno: con un brutto mal di testa  :(

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venerdì 5 agosto 2011

Il mondo è un gran bel posto...

Con il riesplodere del caldo la mia voglia di studiare si è più che proporzionalmente  e drasticamente ridotta.  E' così che, aspettando che i libri mi implorino di tornare da loro e magari mi assaltino pure, scrivo sul blog. E per oggi vi porto un po'  di sorriso. Cavalcando ancora l'onda (non del mare perchè quest'anno mi sembra un lontanissimo miraggio) della beat generation, su cui mi sto concentrando ultimamente, voglio favi leggere una poesia di Lawrence Ferlinghetti, di cui vi ho parlato a proposito dei poeti beat.

Ho cercato su internet poesie di Ferlinghetti, ma con grande rammarico ne ho trovate ben poche. Questa, tuttavia, mi ha subito colpito, anche se non è l'unica. Forse è è il finale.

Vi consiglio, comunque, di non sottovalutare il significato della poesia, perchè nella semplicità delle cose scritte, è facile vederla come una "poesiola". In realtà, dietro queste parole comuni, c'è un grande messaggio di denuncia verso una società che ha perso il senso critico e che dà per scontate le cose che sembrano più banali, mentre hanno più significato di quanto si creda. Tant'è vero che al terzo verso delle prime tre strofe c'è sempre un "se non v'importa che...", a sottolineare l'importanza di valori che si stanno lentamente dimenticando. Ieri come ancora oggi.

A voi la l'ultima parola!

"Il mondo è un gran bel posto
in cui nascere
se non v'importa che la felicità
non sia sempre così divertente
se non v'importa un po' d’inferno
qua e là
proprio quando tutto va bene
perché anche in paradiso
 non è che si canti tutto il tempo

Il mondo è un gran bel posto
in cui nascere
se non v'importa che qualcuno muoia
continuamente
o magari solo di fame
per un po’ di tempo
il che non è poi tanto male
 se non si tratta di voi

Oh il mondo è un gran bel posto
in cui nascere
se non v'importa molto
di qualche cervello perso
su ai posti di comando
o di una bomba o due
di tanto in tanto
sui vostri visi alzati
o di simili contrattempi
cui va soggetta la nostra
società di Gran Marca
con i suoi uomini distinti
e con quelli estinti
e i suoi preti
e altri poliziotti
e le sue svariate segregazioni
e indagini parlamentari
e altre costipazioni
che la nostra sciocca carne eredita  
Sì il mondo è il posto più bello del mondo
per un sacco di cose come
fare buffonate
e fare l'amore
essere tristi
e cantare canzoni sottovoce
 
e avere ispirazioni
e andare in giro
guardando ogni cosa
odorando fiori
e dare pizzicotti alle statue
e persino pensare
e baciare la gente e
fare bambini e portare i pantaloni
e agitare cappelli e
ballare
e andare a nuotare nei fiumi
e fare picnic
 
nel pieno dell'estate
 
e insomma
“godendosi la vita” 
 
 
ma poi proprio sul più bello di tutto questo
arriva sorridendo l'impresario di pompe funebri."
 
Umore del giorno: studiare sì, studiare no... Suvvia, devo iniziare!
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