venerdì 15 gennaio 2010

Galera in modica quantità



Per oggi avevo programmato una traduzione, ma ho letto una
storia che mi ha un po’ fatto pensare e voglio un po’ commentarla qui. Magari ricevendo
anche confronti.


La notizia è apparsa sul quotidiano “Il manifesto”, giornale
schierato col partito comunista. Questo inciso in realtà non ha molta
rilevanza, ma dice qualcosa sul perché la storia sia stata pubblicata e difesa.
Per avere maggiore efficacia, copio direttamente l’articolo, prendendolo però
da un altro sito, non riuscendo ad avere accesso all’articolo de “Il manifesto”.

GALERA IN MODICA QUANTITà


“Stiamo tornando a casa. Abbiamo
passato una bellissima giornata, tutto procede con fatica ma per il meglio.
Vale e Gianluca sono andati a vedere una casetta e il prezzo accessibile.
Gaietta ha esibito le nuove parole appena imparate, Jaco ha a trovato un appartamentino
da condividere per frequentare l’università a Roma. Un cliente ci ha appena
commissionato alcune vetrate, lo stipendio di novembre. Appena svoltato per una
strada di collegamento per la Cassia, veniamo fermati da una pattuglia dei
carabinieri.
Cintura allacciata, velocità 50 km/h. Lucidi: quando lavoriamo o viaggiamo ci
teniamo. «Buonasera, è un trasloco?» «Buonasera, le scatole che vede sono i
depliant per promuovere il nostro lavoro». «Patente e libretto». È sempre
difficile dare una buona impressione se si ha una treccia, un orecchino.
L’agente prende i documenti, sale sulla vettura dell’arma. Il precedente per
coltivazione di marijuana ad uso personale, che ci ha visto assolti in fase
processuale, è una miccia lenta. «Signora, favorisca i documenti anche lei».
«Trasportate qualcosa di illecito?» «No, non siamo mica spacciatori, come avrà
avuto modo di sapere, siamo solo consumatori di marjuane». «Procediamo con il
test». Spiego all’agente che noi amiamo fumare uno spinello la sera, ci rilassiamo
davanti alla tv. Il test risulterebbe comunque positivo, avendo fumato la sera
prima. «Se rifiuta di fare il test ci deve seguire in caserma». «Io non vorrei
rifiutare, ma se mi dite che il rischio è il ritiro della patente ed il
sequestro della macchina, non vedo altra scelta». E così, io nell’auto dei
carabinieri e Marisa nella nostra condotta dall’altro agente, arriviamo nella
caserma di Barbarano Romano. Domande di rito, finta amichevolezza. «Si spogli…
anche gli slip…si giri e si fletta». Mi sento umiliato. Chiaramente non ho
niente, niente in macchina, ma… dalla borsa di Marisa esce fuori 1 (una)
cannetta. Da lì a decidere di fare 100 chilometri per venire a perquisire la
nostra abitazione è un attimo. «A casa cosa avete?» Non mi sento un criminale.
«Poche piante in coltivazione artificiale». Risultato della perquisizione: 2
piante in fioritura alte 1 metro, altre 4 di 30 centimetri e 12 piantine di 3
centimetri.
Dopo 7 ore di via crucis, ci arrestano. Mari ed io ci abbracciamo. Verbali,
foto segnaletiche, impronte «Ma come potete trattarci come se fossimo
criminali? Non beviamo superalcolici, piantiamo un po’ di marijuana per non
dover mischiare la nostra correttezza con i mercati illeciti»
Mari viene trasferita a Civitavecchia, io a Grosseto. E il lavoro? La casa, i
figli, i cani? «Potevate pensarci prima». Ma prima di cosa? Non eravamo
alterati alla guida e avevamo solo una cannetta dispersa, non siamo né
assassini, né ladri, né trafficanti.
A Grosseto le guardie carcerarie mi accolgono con gentilezza. Arrivo in
isolamento, cella n.7. Non riesco neanche ad essere preoccupato, tanto è
assurda tutta la storia, soffro solo per Marisa. La cella: una branda attaccata
al muro con le lenzuola bicolori e non a causa del naturale ingiallimento del
cotone. Un bugliolo screziato di marrone, un lavabo spartano, un comodino, un
tavolo e una sedia. Sono stremato, ho un freddo cane. Mi butto sulla branda,
penso a Mari, sperando che non subisca inutili umiliazioni. Non si dorme,
sembra di subire in continuazione piccole scosse elettriche. Ce la farà
l’avvocato a tirarci fuori domani? Ma domani è già oggi. Il cielo dalla
finestra a più di due metri di altezza è un triangolino di 10 per 5.
Provo a rimanere sdraiato ancora un po’ per rubare un po’ di tempo. Sento dei
passi, una guardia penitenziaria si affaccia dalle sbarre, mi guarda e poi mi
chiede se ho bisogno del Sert. Mi sento sporco, cerco di rassettarmi come
posso, una pettinata, una lavata sotto le ascelle, non ho dentifricio e di
sapone neanche a parlarne.
Sento rumore di stoviglie e un un ragazzo detenuto si affaccia e mi chiede se
voglio un po’ di caffè. È da ieri che non metto in bocca niente. Dopo un po’
arriva un’altra guardia e mi chiede se tutto va bene. È possibile avere un
libro? «Penso di sì». Incredibile, mi porta è Arcipelago Gulag” di Solzenicyn:
primo capitolo: l’arresto.
Passa lo spesino, ma io non ho ancora disponibilità di spesa, gli chiedo una
sigaretta e mi regala un paio di Marlboro, un secondino me ne regala un altro
paio e i detenuti che non ho ancora conosciuto, quando la guardia chiede se
hanno qualche sigaretta per me, me ne fanno arrivare cinque rollate a mano.
Non so che ore sono, forse le 16, dal triangolino vedo che si fa buio.Devo
prepararmi al momento peggiore, quando l’unica luce sarà quella lassù in alto,
al neon. Mi hanno appena detto che l’interrogatorio del Gip ci sarà domani
mattina. «Mari, amore mio, come stai?» Guardo la cella un’altra volta, le
misure sono 4×2, una parete è piena di scritte. Una elenca 54 modi di chiamare
la vagina. Un’altra dice di evitare il Frignone perché è un infame. Sopra il
letto c’è una scritta molto grossa, è marrone, fatta con un dito sporco di
sangue o …merda e dice: «mi ano arestato – marco 15 eroina. E io che c’entro
con questa gente? Provo a leggere un altro po’, forse un’ora la freghiamo.
Sento da una cella la sigla del Tg1, la giornata è passata.
È strano parlare da cella a cella: «Ehi tu laggiù, ciao, io sono Giordano, te
le ho mandate io le sigarette. Stai tranquillo per tua moglie, Civitavecchia è
un buon carcere. Stasera ti porto io la cena». Gli dico che non ce la faccio a
mangiare, almeno non dovrò usare il bugliolo. Mi bastano due clementine.
Neanche 5 minuti e sul tavolo ne ho un piatto pieno.
La luce è troppo forte e non ho sonno. Mi sdraio comunque. Forse mi assopisco.
Con il chiaro, i rumori dei chiavistelli, e i passi pesanti nel corridoio.
Arriva una guardia: «Cecconi alle 9 in tribunale». Passi nel corridoio, rumori
di chiavi, aprono la cella, andiamo verso il destino. Dopo un breve parcheggio
in una cella all’aperto tipo zoo, vengo perquisito, ammanettato e condotto sul
furgone che mi porterà in tribunale.
Nessuno dei tre agenti penitenziari mi rivolge la parola. Arriviamo, il
tribunale è deserto, è sabato. Ci sono le mie splendide sorelle, i miei
straordinari cognati, i nostri insuperabili figli e il mio simpaticissimo
genero, hanno tutti l’aria preoccupata, d’altronde con la barba incolta e
trasportato come un barboncino al guinzaglio non faccio una buona impressione.
Sorrido a tutti, e strizzo l’occhio «mi dispiace avervi creato questa
preoccupazione per una cosa così idiota, ma credetemi non è colpa mia». Mando
il messaggio telepatico, spero che qualcuno lo riceva, ma già lo sanno, nessuno
di loro fuma, ma sanno chi siamo.
Intravvedo Mari già nell’aula in attesa di essere interrogata, gli sguardi si
incorciano un sorriso mesto. Mi ritrovo di nuovo parcheggiato in una stanzetta,
sento che Marisa viene interrogata. Tocca a me. Portano via Marisa. Io e Marisa
non abbiamo nulla da nascondere e le risposte concordano. Fanno rientrare Mari.
Il nostro avvocato motiva il nostro modo di vivere e la nostra lealtà. Tutti in
piedi, la sentenza: «Il processo si farà, ma gli imputati sono liberi fin da
ora». Gli agenti ci permettono di abbracciarci e per due secondi sembra più una
festa di matrimonio che un processo.


Giancarlo Cecconi”



Il signore in questione punta sul
fatto che si commettono reati gravi e non si passano i guai, mentre se fumi una
canna vai in galera. Il presupposto è sbagliato! Fumare una canna è reato? Sì, perché
droga leggera. E allora. In quanto reato, devi pagare.


È certamente vero che persone come
Marrazzo o Lapo Elkann hanno ugualmente assunto cocaina e non hanno “pagato”. Ok,
purtroppo la legge italiana non è uguale per tutti. Ma tutti partono dal
confronto degli errori della giustizia tra persone comuni e politici o uomini
influenti, quando invece il punto è che si è andati incontro la legge!


Ragioniamo all’inverso: porto il
cane a passeggio e gli lascio fare la cacca ovunque senza raccoglierla. Mi fermano
le persone e mi dicono di raccoglierla. Io che dovrei fare? Rispondere: “Dai,
tanto ci sono ubriachi che uccidono persone e non vengono puniti”?


E mettiamo il caso che non raccogliere
la cacca dei cani non è reato (in effetti, non lo so e non me ne interesso
molto non avendo un cane)… Altro esempio banale: parcheggio la macchina in
doppia fila e i vigili mi mettono la multa. È giusto che io abbia la multa! O non
paghiamo dicendo che tanto i falliti fraudolenti hanno fato perdere migliaia di
risparmi e i risparmiatori non sono stati risarciti?


Ultima “provocazione”: evado le
tasse “per qualche migliaia di euro” tanto chi vuoi che se ne accorga. E poi,
se ci sono mafiosi e magnaccia e riciclatori di denaro sporco a piede libero, che
saranno mai 12-13mila euro all’anno?


Secondo me, mi ripeto, sono i presupposti
ad essere sbagliati. O sbaglio?


Su Internet, su due siti che hanno
mostrato la notizia, solo una persona ha detto quello che penso anche io. E una
su una sessantina non è buon segno. O magari siamo io e quest’altra persona “fuori
posto”.


Umore del giorno: sereno come
sempre.


E il tempo va…



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