martedì 22 luglio 2008

Il canto degli Italiani (prima puntata)

Tra ieri e oggi ho scritto un intervento che a me sta molto a cuore e, poiché ci tengo, ma è molto lungo, ho deciso di suddividerlo in “puntate”, anche per non fare il discorso tropo pesante. Partiamo già da oggi e spero di poter finire per giovedì… Dimenticavo: venerdì, sabato e domenica non ci sarò, andrò con mio zio in Sicilia.
Quel “pazzoide” (e questo attributo concedetemelo!) di Umberto Bossi, segretario del “Carroccio” (altra ca**ata di nome che deturpa anche un po’ la storia italiana per definire il partito della Lega Nord), ha recentemente fatto un gestaccio durante l’esecuzione dell’inno nazionale italiano “Canto degli Italiani” (che ormai tutti chiamano “Inno di Mameli”).
Be’, non vi posso nascondere di essere alquanto offeso e amareggiato che una (relativamente) alta carica del  nostro Stato dispregi così tanto la nostra storia e il sangue versato dagli italiani per riuscire a unificare il nostro Stato. Devo essere sincero, non ho mai cercato il numero indicativo di italiani morti per l’unità dalla Prima guerra d’indipendenza per arrivare alla tragica Seconda Guerra Mondiale, ma ho comunque grande rispetto per questi morti. Mi sarà anche capitato di criticare il troppo burocratico Stato così com’è oggi, ma non mi è mai saltato alla mente di dire “f*****o a Roma ladrona” o, peggio ancora, insultare ciò che è stata la storia di questo Paese!
Visto che i testi di canzoni scarseggiano mi son detto “perché non analizzare il testo del nostro inno e far conoscere a tutti la sua bellezza”. Qualche anno fa (forse 3 o 4) girò la voce che magari si doveva cambiare inno perché “Il canto degli Italiani” era troppo retorico, pomposo e con parole arcaiche. Be leggete un po’ cosa dice:

“Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.”
Ora, per poter capire il testo mi sono preso la cura di cercare un po’ di documenti su Internet e rielaborali per capire un po’ di cosa si sta parlando.
Innanzitutto bisogna capire il contesto storico. Mameli era un poeta genovese, forte sostenitore di un’Italia unita, idea scontata per noi oggi, ma idea “utopica” nel 1848. Egli era anche un poeta romantico (del Romanticismo) ed era naturalmente presente in lui chiaro il concetto di nazione. L’inno, la cui musica fu fatta dopo, fu adottato durante le guerre d’Indipendenza. Leggiamo un po’ la versione in prosa della poesia.
“Fratelli d'Italia, finalmente il nostro paese si è svegliato per incominciare a mettersi l'elmo di quei conquistatori che hanno sempre invaso la nostra terra. Ma qual è e dov'é la nostra possibilità di ottenere una vittoria se non a Roma? Dove il destino e la patria sembra chiamarci per stringerci, e combattere fino alla morte.

Siamo stati per secoli calpestati e derisi, poiché non siamo mai stati un popolo vero, che ha sempre voluto tenersi disunito. Raccogliamoci ora sotto un'unica bandiera, ad una speranza, di fonderci insieme, perché questo momento è arrivato.

Uniamoci ed amiamoci: l'unione e l'amore riveleranno ai nostri popoli il percorso che dobbiamo seguire: e giuriamo di rendere libero il suolo su cui siamo nati, e se saremo uniti sotto un'unica fede, chi ci potrà mai vincere?

Dalle Alpi fino alla Sicilia ognuno di noi si sente come quando a Legnano si sconfisse l'esercito di Federico Barbarossa, ed anche i nostri figli di questa nuova Italia riescono a sentirsi fieri, come i piccoli combattenti di Genova; ed ora più che mai riusciamo tutti ad ascoltare il suono che ci richiama in battaglia, quel suono che nel 1282 svegliò i palermitani, alla rivolta per la libertà contro i francesi.

E le spade dei soldati austriaci non aspettano che essere piegate e davanti a questa sfida non possiamo che continuare a difenderci e a stringerci, anche innanzi alla morte.”
A domani con la seconda puntata.
A risentirci.

Nessun commento:

Posta un commento