Non mi date per disperso. Mercoledì sera è iniziata la febbre (quasi come se fosse la vendemmia o la raccolta delle olive), che mi ha tenuto a letto e col solito mal di testa fino a sabato mattina. Sabato pomeriggio, poi, mi sentivo debole per mettermi al pc, quindi molti appuntamenti settimanali sono saltati.
La vera sfortuna di questi giorni è stata che domani ho l’esonero di matematica finanziaria e da mercoledì non ho minimamente toccato i libri. Questo lavoro mi è toccato completamente oggi. Ora ho mal di testa e spero che non sia collegata alla febbre. In ogni caso non misurerò la temperatura perché se dovessi scoprire che è febbre mi infilerei nelle coperte e inizierei a comportarmi da moribondo.
Siccome non trascurerò questo blog (tranne quando sono malato naturalmente!), oggi mi sono impegnato in una traduzione. Un’altra delle mie! E, per premio (a cosa non so, è un modo di dire), dovete sapere che potrei farne un bel po’ d’ora in poi perché dall’ultimo album di Nicki Minaj ho trovato testi interessanti.
Per ciò che riguarda la canzone, l’originale è del 1963 di Irma Thomas, ma uscì, senza riscontrare troppo successo, come lato B di un 45 giri che conteneva la grande hit “Wish someone would care”. Data la mia testardaggine, mi sono imputato sulla versione che avevo io al computer, cantata da Tracey Ullman nel 1983.
La curiosità sta, però, nel fatto che questa fu la prima canzone in assoluto di Tracey ed ebbe molto successo. La canzone si chiama “Breakaway” e la (mia) traduzione è di seguito.
“Ho fatto la mia prenotazione, / Lascio la città domani, / Troverò qualcuno di nuovo e /
non ci sarà più dolore. / Questo è quello che faccio ogni volta, ma non posso continuare così / Non posso allontanarmi, anche se mi fai piangere / Non posso allontanarmi, non posso dire addio / No io mai, mai mi allontanerò da te. / Ho fatto una promessa a me stessa, / Tu ed io ci siamo lasciati, / Nulla può farmi cambiare idea / e non succederà. / Questo è quello che dico ogni volta, ma non posso continuare così. / Anche se mi tratti male e, / Molte parole crudeli sono dette, / Tu hai un incantesimo su di me che, / Non può essere rotto..... No no! / Ho tolto la tua immagine e, / Gettata via, yeah, / Non ci sarà nessun bambino, ora, / per te da chiamare ogni giorno. / Questo è quello che dico ogni volta, ma non posso continuare così.”
Le parole di una donna indecisa. E, lasciatemelo dire senza che nessuna si offenda, di donne del genere ce ne sono moltissime, quasi il 95% azzarderei!
Vi piace? Se internet non andasse a 10 kilobyte/s sentirei l’originale… ma non cambierei questa in ogni caso!
Umore del giorno: con un mal di testa che mi fa sorgere il sospetto che si sia alzata di nuovo la febbre, ma spero siano i troppi esercizi fatti!
E il tempo va…
domenica 28 novembre 2010
sabato 20 novembre 2010
Cool change
Sabato scorso parlai dei Little River Band. Ebbene, vediamo, o meglio, sentiamo una delle loro canzoni di maggior successo. Ad esempio “Cool change”, di cui la traduzione, in cui mi sono cimentato, non è niente male ma neanche eccezionale.
“Se c’è qualcosa che manca nella mia vita / è il tempo che passo da solo / navigando nell’acqua fresca e limpida. / Ci sono molte persone amichevoli / che mi mostrano i modi per arrivarci / ma io non voglio mai immergermi nella loro idea brillante. / È tempo di un bel cambiamento / so che è tempo di un bel cambiamento / e so che la mia vita è già predisposta / so che è tempo di un bel cambiamento. / Be’, sono nato sotto un segno (zodiacale, ndt) d’acqua / ed è lì che mi sento meglio / gli albatros e le balene sono miei fratelli / e c’è come un particolare feeling / quando sei fuori dal mare da solo / a fissare la luna piena come un amante. / Non sono mai stato un romantico / e a volte non mi importa / so che può sembrare da egoisti / ma lasciatemi fare le mie scelte.”
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=PmIodtYX_vM]
Un live dove si potrebbe pensare “stasera vorrei essere lì piuttosto che in discoteca”. O almeno io la penso così.
Umore del giorno: sulla via del sonno, ma resisterò perché devo uscire
E il tempo va…
“Se c’è qualcosa che manca nella mia vita / è il tempo che passo da solo / navigando nell’acqua fresca e limpida. / Ci sono molte persone amichevoli / che mi mostrano i modi per arrivarci / ma io non voglio mai immergermi nella loro idea brillante. / È tempo di un bel cambiamento / so che è tempo di un bel cambiamento / e so che la mia vita è già predisposta / so che è tempo di un bel cambiamento. / Be’, sono nato sotto un segno (zodiacale, ndt) d’acqua / ed è lì che mi sento meglio / gli albatros e le balene sono miei fratelli / e c’è come un particolare feeling / quando sei fuori dal mare da solo / a fissare la luna piena come un amante. / Non sono mai stato un romantico / e a volte non mi importa / so che può sembrare da egoisti / ma lasciatemi fare le mie scelte.”
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=PmIodtYX_vM]
Un live dove si potrebbe pensare “stasera vorrei essere lì piuttosto che in discoteca”. O almeno io la penso così.
Umore del giorno: sulla via del sonno, ma resisterò perché devo uscire
E il tempo va…
giovedì 18 novembre 2010
La canzone intelligente
È un periodo strano questo per me. Ci sono esoneri che incombono e la voglia di studiare è pochissima. Devo dire che sono anche un po’demoralizzato a studiare, in realtà.
Non so, quasi mi sto convincendo che ha ragione mio padre a dire che l’università non serve a niente e che sto solo perdendo tempo. Le opportunità non sono molte, ma girando per i negozi ho visto un annuncio per addetto alle vendite e uno per barbiere. Forse saranno vite grame, ma chi mi assicura che dopo questi 3 anni (e forse anche 4) di studio non farò comunque una vita di stenti?
Tentar non nuoce, si dice. Eppure direi che se ora avessi una lavoro avrei più “vita”, perché sarei più libero dai miei genitori. La conoscenza paga, sicuramente!, ma questo peso che mi sento ora ha un “costo” non indifferente sul mio umore e sul mio “io”.
È un periodo così strano che, nonostante c’è qualche testo interessante che vorrei farvi leggere, oggi mi butto su una canzone… Intelligente!
Non so se avete mai sentito parlare del programma “Il Poeta e il Contadino”. Fu un programma di successo del 1973 presentato dal duo Cochi e Renato e di cui si vedeva qualche sketch in un programma che faceva qualche annetto fa “Scanzonatissima” la mattina su Raidue.
Insomma, dove voglio arrivare. La canzone finale di “Il Poeta e il Contadino” era la “Canzone intelligente” di Cochi e Renato. Un vero successo, che riporto qui.
“Mi piacerebbe cantar / una canzone intelligente / che segua un filo logico / importante / e che sia piena di bei ragionamenti / insomma una canzone / intelligente / che spieghi un po' di tutto, / e un po' di niente. / Questa è la canzone intelligente / che farà cantar tutta la gente / questa è la canzone intelligente / che farà cantar, che farà ballar / che farà ballar / lo sciocco in blu. / iattattà trr /iattattà trr / iattattà trr tan tan tan / iattattà trr / iattattà trr / iattattà trr. /Cosa ci vuole si sa / per far successo con la gente / si intende un filo logico / importante / la casa discografica adiacente / veste il cantante / come un deficiente / lo lancia sul mercato / sottostante. / Per me è finita / sto già pensando ad altro /Ne facciamo un altro il filo logico / è importante! / Solo quello?”
Eheh mi piacicono tanto le canzoni di Cochi e Renato.
Umore del giorno: su grazie a questa canzone
E il tempo va…
Non so, quasi mi sto convincendo che ha ragione mio padre a dire che l’università non serve a niente e che sto solo perdendo tempo. Le opportunità non sono molte, ma girando per i negozi ho visto un annuncio per addetto alle vendite e uno per barbiere. Forse saranno vite grame, ma chi mi assicura che dopo questi 3 anni (e forse anche 4) di studio non farò comunque una vita di stenti?
Tentar non nuoce, si dice. Eppure direi che se ora avessi una lavoro avrei più “vita”, perché sarei più libero dai miei genitori. La conoscenza paga, sicuramente!, ma questo peso che mi sento ora ha un “costo” non indifferente sul mio umore e sul mio “io”.
È un periodo così strano che, nonostante c’è qualche testo interessante che vorrei farvi leggere, oggi mi butto su una canzone… Intelligente!
Non so se avete mai sentito parlare del programma “Il Poeta e il Contadino”. Fu un programma di successo del 1973 presentato dal duo Cochi e Renato e di cui si vedeva qualche sketch in un programma che faceva qualche annetto fa “Scanzonatissima” la mattina su Raidue.
Insomma, dove voglio arrivare. La canzone finale di “Il Poeta e il Contadino” era la “Canzone intelligente” di Cochi e Renato. Un vero successo, che riporto qui.
“Mi piacerebbe cantar / una canzone intelligente / che segua un filo logico / importante / e che sia piena di bei ragionamenti / insomma una canzone / intelligente / che spieghi un po' di tutto, / e un po' di niente. / Questa è la canzone intelligente / che farà cantar tutta la gente / questa è la canzone intelligente / che farà cantar, che farà ballar / che farà ballar / lo sciocco in blu. / iattattà trr /iattattà trr / iattattà trr tan tan tan / iattattà trr / iattattà trr / iattattà trr. /Cosa ci vuole si sa / per far successo con la gente / si intende un filo logico / importante / la casa discografica adiacente / veste il cantante / come un deficiente / lo lancia sul mercato / sottostante. / Per me è finita / sto già pensando ad altro /Ne facciamo un altro il filo logico / è importante! / Solo quello?”
Eheh mi piacicono tanto le canzoni di Cochi e Renato.
Umore del giorno: su grazie a questa canzone
E il tempo va…
sabato 13 novembre 2010
You're the voice
Nuovo sabato, nuova canzone dal passato. Oggi risaliamo al 1986 quando Johnny Farnham scalò le classifiche prima australiane e poi mondiali con la canzone “You’re the voice”.
Il nome del cantante probabilmente non vi dirà niente, ma si può associare al gruppo dei Little River Band, di cui forse non vi ho fatto sentire niente, ma provvederò.
Partiamo dalla breve traduzione della canzone.
“Abbiamo la possibilità di voltare pagina / Possiamo scrivere quello che vogliamo scrivere / Dobbiamo farlo / Prima di diventare più vecchi / Siamo tutte figlie di qualcuno / Siamo tutti figli di qualcuno / Quanto tempo ci possiamo guardare / Dietro la canna di una pistola? / Sei tu la voce, provo a capire e ti capisco / Fa' un rumore, fallo chiaro e forte / Non rimarremo seduti in silenzio / Non vivremo nella paura. / Questa volta sai che possiamo rimanere uniti / Con il potere del poter essere forti / Credendoci, possiamo migliorare le cose.”
Non il massimo come testo ma sentite la canzone e ricredetevi.
[youtube= http://www.youtube.com/watch?v=LcUKImkk52w]
Ebbene? Il cantante dice “tu sei la voce”, ma io credo che lui stesso sia una Voce! O no?
Umore del giorno: stabile…
E il tempo va…
Il nome del cantante probabilmente non vi dirà niente, ma si può associare al gruppo dei Little River Band, di cui forse non vi ho fatto sentire niente, ma provvederò.
Partiamo dalla breve traduzione della canzone.
“Abbiamo la possibilità di voltare pagina / Possiamo scrivere quello che vogliamo scrivere / Dobbiamo farlo / Prima di diventare più vecchi / Siamo tutte figlie di qualcuno / Siamo tutti figli di qualcuno / Quanto tempo ci possiamo guardare / Dietro la canna di una pistola? / Sei tu la voce, provo a capire e ti capisco / Fa' un rumore, fallo chiaro e forte / Non rimarremo seduti in silenzio / Non vivremo nella paura. / Questa volta sai che possiamo rimanere uniti / Con il potere del poter essere forti / Credendoci, possiamo migliorare le cose.”
Non il massimo come testo ma sentite la canzone e ricredetevi.
[youtube= http://www.youtube.com/watch?v=LcUKImkk52w]
Ebbene? Il cantante dice “tu sei la voce”, ma io credo che lui stesso sia una Voce! O no?
Umore del giorno: stabile…
E il tempo va…
martedì 9 novembre 2010
Io non mi sento italiano
Non so se ieri anche voi siete stati tra quei 7,6 milioni di persone che ha visto “Vieni via con me”. A mio parere è stato un programma intelligentissimo e che ha parlato senza peli sulla lingua come non si faceva da molto che io ricordi. Niente politica, solo la situazione che viviamo in Italia nelle parole di Saviano.
La genialità di Benigni, invece, si è vista nel raccontare la politica escludendo il suo punto di vista e mostrando il quadro italiano facendoci anche ridere su (e non è facile!).
Ad impreziosire il programma ci sono stati gli interventi di una ragazza laureata che ha faticato per mantenersi agli studi, Angela Finocchiaro, Nichi Vendola, Claudio Abbado e Daniele Silvestri.
Mi fermerei volentieri sulle parti dei primi tre, ma quelle potreste vederle su Internet perché meritano tantissimo. Su Daniele Silvestri mi soffermerò solo perché ha cantato una canzone di Giorigo Gaber ed è su questa che mi concentrerò. La canzone si chiama: “Io non mi sento italiano”.
“Io G. G. sono nato e vivo a Milano / Io non mi sento italiano / ma per fortuna o purtroppo lo sono. / Mi scusi Presidente / non è per colpa mia / ma questa nostra Patria / non so che cosa sia. / Può darsi che mi sbagli / che sia una bella idea / ma temo che diventi / una brutta poesia. / Mi scusi Presidente / non sento un gran bisogno / dell'inno nazionale / di cui un po' mi vergogno. / In quanto ai calciatori / non voglio giudicare / i nostri non lo sanno / o hanno più pudore. / Io non mi sento italiano / ma per fortuna o purtroppo lo sono. / Mi scusi Presidente / se arrivo all'impudenza / di dire che non sento / alcuna appartenenza. / E tranne Garibaldi / e altri eroi gloriosi / non vedo alcun motivo / per essere orgogliosi. / Mi scusi Presidente / ma ho in mente il fanatismo / delle camicie nere / al tempo del fascismo. / Da cui un bel giorno nacque / questa democrazia / che a farle i complimenti / ci vuole fantasia. / Questo bel Paese / pieno di poesia / ha tante pretese / ma nel nostro mondo occidentale / è la periferia. / Mi scusi Presidente / ma questo nostro Stato / che voi rappresentate / mi sembra un po' sfasciato. / E' anche troppo chiaro / agli occhi della gente / che è tutto calcolato / e non funziona niente. / Sarà che gli italiani / per lunga tradizione / son troppo appassionati / di ogni discussione. / Persino in parlamento / c'è un'aria incandescente / si scannano su tutto / e poi non cambia niente. / Mi scusi Presidente / dovete convenire / che i limiti che abbiamo / ce li dobbiamo dire. / Ma a parte il disfattismo / noi siamo quel che siamo / e abbiamo anche un passato / che non dimentichiamo. / Mi scusi Presidente / ma forse noi italiani / per gli altri siamo solo / spaghetti e mandolini. / Allora qui m'incazzo / son fiero e me ne vanto / gli sbatto sulla faccia / cos'è il Rinascimento. / Questo bel Paese / forse è poco saggio / ha le idee confuse / ma se fossi nato in altri luoghi / poteva andarmi peggio. / Mi scusi Presidente / ormai ne ho dette tante / c'è un'altra osservazione / che credo sia importante. / Rispetto agli stranieri / noi ci crediamo meno / ma forse abbiam capito / che il mondo è un teatrino. / Mi scusi Presidente / lo so che non gioite / se il grido "Italia, Italia" / c'è solo alle partite. / Ma un po' per non morire / o forse un po' per celia / abbiam fatto l'Europa / facciamo anche l'Italia.”
Questo testo fu scritto tra il 2001 e il 2002 e rimane sempre attuale. Voi vi sentite italiani?
Alla fine della trasmissione di ieri sera, Fazio e Saviano hanno esposto delle ragioni per cui “Vado via / Resto qui”. Ne ho pensato uno anche io: “Vado via perché amo troppo la mia terra per vederla cadere così in basso”.
Umore del giorno: con un debole mal di testa, che è comunque meno forte di quello tremendo di stamattina
E il tempo va…
La genialità di Benigni, invece, si è vista nel raccontare la politica escludendo il suo punto di vista e mostrando il quadro italiano facendoci anche ridere su (e non è facile!).
Ad impreziosire il programma ci sono stati gli interventi di una ragazza laureata che ha faticato per mantenersi agli studi, Angela Finocchiaro, Nichi Vendola, Claudio Abbado e Daniele Silvestri.
Mi fermerei volentieri sulle parti dei primi tre, ma quelle potreste vederle su Internet perché meritano tantissimo. Su Daniele Silvestri mi soffermerò solo perché ha cantato una canzone di Giorigo Gaber ed è su questa che mi concentrerò. La canzone si chiama: “Io non mi sento italiano”.
“Io G. G. sono nato e vivo a Milano / Io non mi sento italiano / ma per fortuna o purtroppo lo sono. / Mi scusi Presidente / non è per colpa mia / ma questa nostra Patria / non so che cosa sia. / Può darsi che mi sbagli / che sia una bella idea / ma temo che diventi / una brutta poesia. / Mi scusi Presidente / non sento un gran bisogno / dell'inno nazionale / di cui un po' mi vergogno. / In quanto ai calciatori / non voglio giudicare / i nostri non lo sanno / o hanno più pudore. / Io non mi sento italiano / ma per fortuna o purtroppo lo sono. / Mi scusi Presidente / se arrivo all'impudenza / di dire che non sento / alcuna appartenenza. / E tranne Garibaldi / e altri eroi gloriosi / non vedo alcun motivo / per essere orgogliosi. / Mi scusi Presidente / ma ho in mente il fanatismo / delle camicie nere / al tempo del fascismo. / Da cui un bel giorno nacque / questa democrazia / che a farle i complimenti / ci vuole fantasia. / Questo bel Paese / pieno di poesia / ha tante pretese / ma nel nostro mondo occidentale / è la periferia. / Mi scusi Presidente / ma questo nostro Stato / che voi rappresentate / mi sembra un po' sfasciato. / E' anche troppo chiaro / agli occhi della gente / che è tutto calcolato / e non funziona niente. / Sarà che gli italiani / per lunga tradizione / son troppo appassionati / di ogni discussione. / Persino in parlamento / c'è un'aria incandescente / si scannano su tutto / e poi non cambia niente. / Mi scusi Presidente / dovete convenire / che i limiti che abbiamo / ce li dobbiamo dire. / Ma a parte il disfattismo / noi siamo quel che siamo / e abbiamo anche un passato / che non dimentichiamo. / Mi scusi Presidente / ma forse noi italiani / per gli altri siamo solo / spaghetti e mandolini. / Allora qui m'incazzo / son fiero e me ne vanto / gli sbatto sulla faccia / cos'è il Rinascimento. / Questo bel Paese / forse è poco saggio / ha le idee confuse / ma se fossi nato in altri luoghi / poteva andarmi peggio. / Mi scusi Presidente / ormai ne ho dette tante / c'è un'altra osservazione / che credo sia importante. / Rispetto agli stranieri / noi ci crediamo meno / ma forse abbiam capito / che il mondo è un teatrino. / Mi scusi Presidente / lo so che non gioite / se il grido "Italia, Italia" / c'è solo alle partite. / Ma un po' per non morire / o forse un po' per celia / abbiam fatto l'Europa / facciamo anche l'Italia.”
Questo testo fu scritto tra il 2001 e il 2002 e rimane sempre attuale. Voi vi sentite italiani?
Alla fine della trasmissione di ieri sera, Fazio e Saviano hanno esposto delle ragioni per cui “Vado via / Resto qui”. Ne ho pensato uno anche io: “Vado via perché amo troppo la mia terra per vederla cadere così in basso”.
Umore del giorno: con un debole mal di testa, che è comunque meno forte di quello tremendo di stamattina
E il tempo va…
domenica 7 novembre 2010
Losing my mind
Venerdì mi è arrivata una mail dall’Università di Bari che mi informava che il Servizio di Consultazione Psicologica è attivo ed è gratuito. Certo che sanno proprio tutto di me! :)
Scherzi a parte, “contestualizziamo” questa mail e la canzone di oggi (che doveva essere ieri, ma che non ho potuto aggiungere in quanto troppo stanco per aver aiutato tutto il giorno mio padre) è “Losing my mind di Liza Minnelli.
La traduzione non l’ho trovata, ma scorrendo il testo mi è sembrata facile e veloce, per cui possiamo leggere insieme cosa ha cantato Liza.
“Il sole è sorto / io penso a te. La tazza del caffè / penso a te. / Ti voglio tanto. / È come se stessi perdendo la testa. / Il giorno finisce / penso a te. / parlo con gli amici / penso a te. / E loro lo sanno? / È come se stessi perdendo la testa. / tutto il pomeriggio / a fare qualunque piccolo lavoretto. / Il pensiero di te rimane acceso. / A volte rimango in mezzo alla stanza / senza andare a destra / ne a sinistra. / Abbasso le luci e penso a te. / Passo notti insonni a pensare a te. / Tu dicesti che mi amavi / O volevi solo essere gentile? / O sto perdendo la testa?”
Come si può intuire, non c’è una grande complessità dietro questo testo, né una grande sostanza. Tuttavia, c’è la voce della Minnelli che è molto profonda.
Piaciuta? Nel video si parla anche di Pet Shop Boys. Effettivamente, loro collaborarono con la Minnelli per le musiche, non solo di questa traccia, dell’intero album.
Umore del giorno: con una piccolissima voglia di studiare
E il tempo va…
Scherzi a parte, “contestualizziamo” questa mail e la canzone di oggi (che doveva essere ieri, ma che non ho potuto aggiungere in quanto troppo stanco per aver aiutato tutto il giorno mio padre) è “Losing my mind di Liza Minnelli.
La traduzione non l’ho trovata, ma scorrendo il testo mi è sembrata facile e veloce, per cui possiamo leggere insieme cosa ha cantato Liza.
“Il sole è sorto / io penso a te. La tazza del caffè / penso a te. / Ti voglio tanto. / È come se stessi perdendo la testa. / Il giorno finisce / penso a te. / parlo con gli amici / penso a te. / E loro lo sanno? / È come se stessi perdendo la testa. / tutto il pomeriggio / a fare qualunque piccolo lavoretto. / Il pensiero di te rimane acceso. / A volte rimango in mezzo alla stanza / senza andare a destra / ne a sinistra. / Abbasso le luci e penso a te. / Passo notti insonni a pensare a te. / Tu dicesti che mi amavi / O volevi solo essere gentile? / O sto perdendo la testa?”
Come si può intuire, non c’è una grande complessità dietro questo testo, né una grande sostanza. Tuttavia, c’è la voce della Minnelli che è molto profonda.
Piaciuta? Nel video si parla anche di Pet Shop Boys. Effettivamente, loro collaborarono con la Minnelli per le musiche, non solo di questa traccia, dell’intero album.
Umore del giorno: con una piccolissima voglia di studiare
E il tempo va…
venerdì 5 novembre 2010
Ho il furore d’amare
Come ho deciso da un po’ di tempo fa, non voglio entrare nelle questioni politiche, quindi neanche sulla dichiarazione di Berlusconi “meglio essere appassionati di belle ragazze che gay”. Voglio restare, quindi, su un argomento più “leggero” ma, concorderete con me, più “nobile”: l’amore.
Si dice che l’more è il linguaggio universale dell’uomo (come genere umano). Ma per universale forse ci si limita ancora a intendere la razza, magari l’età. Non si considera, invece, che l’amore esiste anche tra uomo e uomo e tra donna e donna.
Io mi considero una persona omofoba. Non vi scandalizzate: omofoba è una persona che non considera naturale un rapporto tra persone dello stesso sesso. Certamente, non sono uno che va a picchiarli (anche se i tg lasciano libera l’associazione omofobia = violenza). La mia omofobia significa che, per me, il vero e unico tipo di rapporto naturale è quello tra uomo e donna. Una concezione basata, forse, troppo sulla religione che professo. Eppure non vedo niente di naturale (da “natura”) nell’omosessualità maschile e femminile.
Nonostante questo, tuttavia, non manco loro di rispetto né sono contrario a che loro abbiano rapporti. Sono scelte personali e che vano rispettate. Sarei contrario, piuttosto alle adozioni ai gay, ma qui usciamo fuori dal tema principale.
Insomma, amare è volersi bene e provare reciprocamente sentimenti di affetto. E in questa definizione rientrano anche quelli omosessuali, al pari di quelli eterosessuali.
C’è un poeta francese, noto e manifesto omosessuale della seconda metà dell’Ottocento, che proprio a causa di questo suo orientamento sessuale, non ebbe molto successo e, fino a pochi anni fa, era ancora censurato in Francia. È uno dei “poeti maledetti”, come si definì egli stesso, e ammiratore di Baudelaire: Paul Verlaine.
Verlaine si sposò ed ebbe un figlio. Successivamente, conobbe Rimbaud, altro scrittore francese, e scappò con lui per amore a Londra. La loro storia durò un annetto quando Verlaine, ubriaco, sparò Rimbaud senza ucciderlo. Pentito e in carcere, si convertì al cattolicesimo. Tornò in Francia e fu assunto come maestro di inglese. È qui che conobbe uno studente, Lucien Létinois, di cui si innamorò e con cui ebbe una relazione, che finì poiché il giovane studente si ammalò di tisi.
E qui fermiamo un attimo il veloce racconto della vita di Verlaine, poco interessante perché dedita più che altro all’alcolismo e alle droghe e qualche altro annetto in prigione. Ci fermiamo perché, alla morte di Létinois, Verlaine scrive una raccolta di poesie chiamate “L’amour” e dedicate al giovane studente. Una particolarmente mi ha colpito navigando su internet e la riporto qui. Il titolo corrisponde semplicemente alle prime parole del componimento “Ho il furore d’amare”.
“Ho il furore d'amare. Il mio debole cuore è pazzo.
Non importa quando, né importa chi o dove,
che un lampo di bellezza, di virtù, di valore
splenda, subito vi si precipita, vola, si lancia,
e, nel tempo d'un abbraccio, cento volte bacia
l'essere o l'oggetto che la sua scelta insegue;
poi, quando l'illusione ha ripiegato la sua ala,
ritorna triste e solo, molto spesso, ma fedele,
e lasciando agli ingrati qualcosa di se stesso,
sangue o carne. Ma, senza più morire nel suo tedio,
presto s'imbarca per l'isola delle Chimere
e ne riporta soltanto amare lacrime
che assapora, e orribili disperazioni d'un istante,
poi s'imbarca di nuovo.
- È talmente deciso e tenace
che nelle sue corse negli infiniti gli accade,
navigatore testardo, d'andar dritto alla riva
senza curarsi affatto che possa esistere
uno scoglio vicino, a infrangere lo scafo.
Anzi, fa dello scoglio un trampolino e a nuoto
a riva si dirige. Eccolo là. Il prodigio sarebbe
se non avesse fatto avidamente il giro
dal mattino alla sera e dalla sera al mattino,
e il giro e il giro ancora del promontorio.
E niente! Non alberi né erbe, né acqua da bere,
la fame, la sete, e gli occhi bruciati dal sole,
nessuna traccia umana, e non un cuore simile!
Non al suo, - mai ne avrà uno somigliante, -
ma un cuore d'uomo, un cuore vivo, palpabile,
seppure falso, seppure vile, un cuore! come, non un cuore!
Resterà in attesa, senza perdere nulla della sua forza
che la febbre sostiene e l'amore incoraggia,
che un battello mostri la cima dell'albero da queste parti,
e farà dei segnali che saranno visti:
così ragiona. E poi fidatevi!
un giorno si fermerà non visto, lo strano apostolo.
Ma che gli fa la morte, se non quella d'un altro?
Ah, i suoi morti! Ah, i suoi morti, ma è più morto di loro!
Ancora qualche fibra del suo spirito focoso
vive nella loro fossa, vi attinge una dolce tristezza;
li ama come un uccello il suo nido di muschio;
la loro memoria è il suo caro cuscino, vi dorme,
di loro sogna, li vede, ci parla e se ne va,
pieno di loro, solo per un nuovo spaventoso affare.
Ho il furore d'amare. Che farci? Ah, lasciar fare!”
Il motivo di questo intervento è quello di dimostrare che l’amore omosessuale è davvero uguale a quello eterosessuale, salvi i risvolti riproduttivi, magari. La mia mentalità è “quadrata” (ossia ristretta, ottusa), ma le parole di Verlaine sono le parole di un qualsiasi uomo innamorato e, se non sapessimo che questa poesia fosse dedicata a un altro uomo, sicuramente ne faremmo uno dei nostri simboli di un amore non corrisposto o finito male. Che ne pensate?
Umore del giorno: lo ammetto, questa poesia ma anche altre che ne ho lette stanno un po’ facendo breccia nelle mie convinzioni omofobe. O sarà l’assurda volontà di pensare il contrario di Berlusconi?
E il tempo va…
Si dice che l’more è il linguaggio universale dell’uomo (come genere umano). Ma per universale forse ci si limita ancora a intendere la razza, magari l’età. Non si considera, invece, che l’amore esiste anche tra uomo e uomo e tra donna e donna.
Io mi considero una persona omofoba. Non vi scandalizzate: omofoba è una persona che non considera naturale un rapporto tra persone dello stesso sesso. Certamente, non sono uno che va a picchiarli (anche se i tg lasciano libera l’associazione omofobia = violenza). La mia omofobia significa che, per me, il vero e unico tipo di rapporto naturale è quello tra uomo e donna. Una concezione basata, forse, troppo sulla religione che professo. Eppure non vedo niente di naturale (da “natura”) nell’omosessualità maschile e femminile.
Nonostante questo, tuttavia, non manco loro di rispetto né sono contrario a che loro abbiano rapporti. Sono scelte personali e che vano rispettate. Sarei contrario, piuttosto alle adozioni ai gay, ma qui usciamo fuori dal tema principale.
Insomma, amare è volersi bene e provare reciprocamente sentimenti di affetto. E in questa definizione rientrano anche quelli omosessuali, al pari di quelli eterosessuali.
C’è un poeta francese, noto e manifesto omosessuale della seconda metà dell’Ottocento, che proprio a causa di questo suo orientamento sessuale, non ebbe molto successo e, fino a pochi anni fa, era ancora censurato in Francia. È uno dei “poeti maledetti”, come si definì egli stesso, e ammiratore di Baudelaire: Paul Verlaine.
Verlaine si sposò ed ebbe un figlio. Successivamente, conobbe Rimbaud, altro scrittore francese, e scappò con lui per amore a Londra. La loro storia durò un annetto quando Verlaine, ubriaco, sparò Rimbaud senza ucciderlo. Pentito e in carcere, si convertì al cattolicesimo. Tornò in Francia e fu assunto come maestro di inglese. È qui che conobbe uno studente, Lucien Létinois, di cui si innamorò e con cui ebbe una relazione, che finì poiché il giovane studente si ammalò di tisi.
E qui fermiamo un attimo il veloce racconto della vita di Verlaine, poco interessante perché dedita più che altro all’alcolismo e alle droghe e qualche altro annetto in prigione. Ci fermiamo perché, alla morte di Létinois, Verlaine scrive una raccolta di poesie chiamate “L’amour” e dedicate al giovane studente. Una particolarmente mi ha colpito navigando su internet e la riporto qui. Il titolo corrisponde semplicemente alle prime parole del componimento “Ho il furore d’amare”.
“Ho il furore d'amare. Il mio debole cuore è pazzo.
Non importa quando, né importa chi o dove,
che un lampo di bellezza, di virtù, di valore
splenda, subito vi si precipita, vola, si lancia,
e, nel tempo d'un abbraccio, cento volte bacia
l'essere o l'oggetto che la sua scelta insegue;
poi, quando l'illusione ha ripiegato la sua ala,
ritorna triste e solo, molto spesso, ma fedele,
e lasciando agli ingrati qualcosa di se stesso,
sangue o carne. Ma, senza più morire nel suo tedio,
presto s'imbarca per l'isola delle Chimere
e ne riporta soltanto amare lacrime
che assapora, e orribili disperazioni d'un istante,
poi s'imbarca di nuovo.
- È talmente deciso e tenace
che nelle sue corse negli infiniti gli accade,
navigatore testardo, d'andar dritto alla riva
senza curarsi affatto che possa esistere
uno scoglio vicino, a infrangere lo scafo.
Anzi, fa dello scoglio un trampolino e a nuoto
a riva si dirige. Eccolo là. Il prodigio sarebbe
se non avesse fatto avidamente il giro
dal mattino alla sera e dalla sera al mattino,
e il giro e il giro ancora del promontorio.
E niente! Non alberi né erbe, né acqua da bere,
la fame, la sete, e gli occhi bruciati dal sole,
nessuna traccia umana, e non un cuore simile!
Non al suo, - mai ne avrà uno somigliante, -
ma un cuore d'uomo, un cuore vivo, palpabile,
seppure falso, seppure vile, un cuore! come, non un cuore!
Resterà in attesa, senza perdere nulla della sua forza
che la febbre sostiene e l'amore incoraggia,
che un battello mostri la cima dell'albero da queste parti,
e farà dei segnali che saranno visti:
così ragiona. E poi fidatevi!
un giorno si fermerà non visto, lo strano apostolo.
Ma che gli fa la morte, se non quella d'un altro?
Ah, i suoi morti! Ah, i suoi morti, ma è più morto di loro!
Ancora qualche fibra del suo spirito focoso
vive nella loro fossa, vi attinge una dolce tristezza;
li ama come un uccello il suo nido di muschio;
la loro memoria è il suo caro cuscino, vi dorme,
di loro sogna, li vede, ci parla e se ne va,
pieno di loro, solo per un nuovo spaventoso affare.
Ho il furore d'amare. Che farci? Ah, lasciar fare!”
Il motivo di questo intervento è quello di dimostrare che l’amore omosessuale è davvero uguale a quello eterosessuale, salvi i risvolti riproduttivi, magari. La mia mentalità è “quadrata” (ossia ristretta, ottusa), ma le parole di Verlaine sono le parole di un qualsiasi uomo innamorato e, se non sapessimo che questa poesia fosse dedicata a un altro uomo, sicuramente ne faremmo uno dei nostri simboli di un amore non corrisposto o finito male. Che ne pensate?
Umore del giorno: lo ammetto, questa poesia ma anche altre che ne ho lette stanno un po’ facendo breccia nelle mie convinzioni omofobe. O sarà l’assurda volontà di pensare il contrario di Berlusconi?
E il tempo va…
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