L'altro giorno mi trovavo a leggere dalle newsletter dell'Huffington Post un titolo che subito catturò l'attenzione "Balance yourself, not Work and Life", cioè "bilancia te stesso e non lavoro e vita". Entrai nell'articolo e scoprii che era di una scrittrice e consulente aziendale, Annie McKee. L'articolo è risultato interessante in quanto partiva dal presupposto di valorizzare anzitutto se stessi per riuscire a valorizzare la propria vita personale e il proprio lavoro, dando il giusto equilibrio a questi due
aspetti di ciascuno di noi senza sacrificarne alcuno.
Data la buona impressione che mi ha fato l’articolo,
ho deciso di tradurlo qui sotto. L'originale è possibile trovarlo qui http://goo.gl/ozU4r ed ogni eventuale correzione è gradita!
"Amo il mio lavoro. Voglio dire davvero AMO il mio
lavoro. Tu no? Sei creativo e costretto ad eccellere? Trovi la felicità nelle
relazioni con gli amici del lavoro o i colleghi? Ti senti parte di un qualcosa
più grande di te stesso? Anche io. Lavorare è divertente e costruttivo e mi
sono completamente dedicata a scrivere, guidare il mio team e consigliare i dirigenti,
i quali rispetto.
E dopo c’è la vita – molto più importante del
lavoro. È così, vero? Il lavoro non può minimamente essere paragonato alla bellezza
di un piccolo bambino nella tua vita o
anche di un adolescente che ti fa saltare i nervi. Il lavoro diventa
niente in confronto all’amore per il tuo partner o delle relazioni con la
famiglia e gli amici. Io includerei anche i miei cani e gatti nella lista “più
importante del lavoro”. Amo Tula, Keiki, Pika, Tiko e Tiger (anche conosciuto
come Mickey). E poi c’è la spiritualità, imparare, la dedizione a rendere il
nostro mondo un posto migliore – tutto ciò rende la vita meritevole di essere
vissuta.
Alcuni di noi sono fortunate – amiamo il nostro
lavoro e abbiamo vite piene e gratificanti. È una cosa meravigliosa. Ma siamo occupati. Niente
break, limiti – messaggi dai figli, tweets a fiumi, email tutta la notte… Non
ci si ferma mai. Molti di noi non sanno come concertarli tutti.
Non c’è niente come una bilancia lavoro-vita. Ma stiamo
tentando di essere all’altezza di quegli impossibili standard finchè non
perderemo. O meglio dovrei dire, non perderemo noi stessi.
Perdiamo noi stessi per la “sindrome da sacrificio”-
una condizione che è più dell’esaurimento. È un modo di vivere. Magari
famigliare. Tu ti stai comportando in maniere che non corrispondono a chi sei
tu. Perdi il controllo con quelli a cui vuoi bene, prendi cattive decisioni,
ridi rararmente, ti lasci sfuggire la vita. O ti muovi alla velocità della luce
come un super-uomo-donna-madre-padre. Magari sei fiero della tua sovraumanità,
ma nel tuo profondo sai che sei in difficoltà. Ti auto-curi: due tazzine di caffè? Davvero? Quanti martini
o bicchieri di vino? Mangi per lo stress? Hai perso completamente
la pazienza, ti senti intrappolato e non vedi alcuna via d’uscita.
La sindrome da sacrificio non colpisce
inaspettatamente. Inizia con un insidiosa forma cronica e intensa di stress che
cresce con un sacco di responsabilità. Noi la chiamiamo “power stress”. I dirigenti,
in particolare, sono suscettibili ad esso per via della natura del loro lavoro
che li impiega 24 ore su 24, 7 giorni su 7, troppi ambienti di lavoro tossici,
competizione malsana e pulsioni al successo fuori controllo.
Lo stress stimola il sistema nervoso simpatico e
innesca il rilascio di potenti sostanze come l’epinefrina, la noradrenalina e i
corticosteroidi. La pressione sanguigna sale e i grandi muscoli si preparano
per il movimento o la battaglia. Il sistema immunitario è compromesso e il cervello
ferma i circuiti neurali non essenziali, così non assimiliamo troppe
informazioni. Diventiamo meno creativi e prevalgono i vecchi modi di pensare. Tutto
ciò ha un diretto impatto sulle nostre performance. Ci sentiamo ansiosi,
nervosi o addirittura depressi. Questo ha un diretto impatto su tutto.
Lo stress non è tutto cattivo – una certa dose
contribuisce a concentrarci, eccitarci e preparaci per un duro lavoro e
iniziarlo. Ma non siamo fatti per affrontare il “power stress”e quando ne siamo
bombardati ogni giorno, lo stress è dannoso.
È un’epidemia. Da una ricerca su Google sono
risultati 73000 nuovi o aggiornati siti contenenti nuovi articoli, blog,
programmi o consigli per lo stress nella vita. Un’indagine del Grant Thornton
International Business Report dei direttori economici ha scoperto che l’aumento
netto nello stress legato al lavoro è aumentato globalmente del 28% nel 2011
(meno dell’aumento del 45% del 2010, ma sempre presente). Una ricerca ha
raccolto da varie notizie del Sud Africa che i punti vendita hanno perso poco
più di 300 milioni di dollari USA a causa degli effetti dello stress sui
lavoratori. Il Chartered Institute of Personnel and Development ha riportato che
per la prima volta nella storia dell’organizzazione lo stress è stata la più
frequente causa di assenza tra i lavoratori.
Questa epidemia non va via finchè non impariamo come
interrompere la sindrome da sacrificio. Le nostre aziende non possono farlo per
noi, neanche i dottori, i consulenti o quelli che ci vogliono bene. Noi abbiamo
bisogno di curarci, e la cura inizia imparando come bilanciare sacrifici e
rinnovamento.
Gestire il “ciclo del sacrificio e del rinnovamento”
inizia dando priorità al benessere. Puoi iniziare facendo esercizi che
permettono di ri-risvegliare te stesso, concentrandoti ottimisticamente sul
futuro e connettendosi compassionevolmente con altre persone. Si può partire
con la mindfullness [letteralmente consapevolezza, è una tecnica che fonde buddhismo,
zen e yoga, ndt] – sintonizzandoti su te stesso, il tuo ambiente e gli altri.
La mindfullness è il primo passo per il rinnovamento.
E no, non devi meditare per due ore al giorno o partecipare a una lezione di
yoga prima del lavoro (carino, ma impossibile). Puoi partire con poco. Trova pochi
minuti ogni giorno – e sottolineo ogni giorno – per stare calmo, respirare, immergerti
nella natura. Respira e concentrati sulla gratitudine, l’amore e la speranza.
Come la mindfullness, la speranza è un potente
antidoto allo stress. Una visione di un futuro migliore, l’ottimismo e la convinzione
che può succedere aiutano il nostro sistema nervoso. Pensa ai tuoi sogni. Aiuta qualcun
altro a raggiungere i suoi. Migliora le stupidaggini sul modo di lavorare. Parla
a un bambino su cosa vuole diventare. Azioni come queste, fatte consapevolmente
e spesso, faranno la differenza.
Queste azioni incidono sulla speranza e sul tuo
desiderio di aiutare gli altri. Puoi rinnovare te stesso rallentando abbastanza
da restare in contatto con la tua principale e potente natura – la tua
attenzione per gli altri e il tuo desiderio di connetterti con loro e dare una
mano. Questa è la compassione. È semplice come chiedere a qualcuno come si
sentono la mattina e aspettare abbastanza da sentire la risposta. Trova qualcuno
a cui fare da mentore e dagli il tuo tempo. Basta col misurare le perfomance e
inizia ad allenarti.
Imparare a vivere consapevolmente e concentrarsi
sulla speranza e la compassione ti aiuterà a tenere lontano lo stress e
bilanciare te stesso. Potrebbe non essere facile all’inizio perché è davvero un
nuovo modo di vivere. Avrai bisogno di cambiare le vecchie abitudini e
respingere il desiderio di perseguire un obiettivo impossibile – bilanciare lavoro
e vita.
Ricorda – non c’è proprio modo di bilanciare tutto
ciò che facciamo, finchè e a meno che non bilanciamo noi stessi. Ti troverai ad
avere più energia, le tue relazioni saranno più forti e sarai più felice."
Troppo zen ed esotica? Non è comunque impossibile da realizzare! Certo, per me è un po' difficile pensarci dato che sono alla ricerca del lavoro...
Umore del giorno: in una sorta di vacanza mentre sono alla ricerca di un lavoro... o di un senso per continuare a scrivere la tesi
Al prossimo post!