Sono tornato da un'ora dal viaggio per il concorso a Roma, e ho deciso che avrei voluto, sebbene tanta sia la stanchezza, scrivere le mie impressioni su ciò che è successo lì per 2 giorni.
Partiamo subito dalla conclusione: "non idoneo" perchè mancano più gradi di quanti previsti dal bando. In realtà., prima di partecipare al concorso, andai dall'oculista cui mi rivolgo per i controlli, e lui mi rassicurò per un'ora (dalle 9 alle 10 circa) che sicuramente agli occhi non c'erano problemi e che dal suo punto di vista ce la facevo (sempre limitatamente al suo campo).
Bene, che succede? Come avrete capito, supero tutte le prove, ma arrivato all'oculista militare, questo mi dice che non ce la potevo fare. E mi sento così in vena oggi che creo una nuova beatitudine: "Beati i raccomandati, perchè loro è il posto di lavoro!".
E va bene, che ci possiamo fare... L'aspetto positivo (come dicono molti) è che ho fatto esperienza... Se ve la devo spiegare io lìesperienza che ho fatto, non è che posso dire chissà cosa... Certo, ho imparato come funzionano tutti gli accertamenti sanitari che ti fanno, le prove fisiche e la reazione del mio corpo a queste... E dopo? Prendendola alla larga, posso dire che ho imparato alcuni accenti italiani, ho approfondito il "romano" e... ho constatato che la mensa ai Carabinieri non è pessima, ma non è neanche da Gambero Rosso (ora non mi ricordo se si chiama così quella rivistacon i migliori ristoranti italiani). Ah, e da non dimenticarsi che ho visitao un po' Roma (dall'autobus... ma c'è una lunga storia dietro).
Se poi voglio continuare con la lista, posso dire alcune sensazioni che ho provato a stare lì. L'addestramentto militare è tosto e noi eravamo chiamati per numeri. Allora succedeva che chiamavano dei numeri per fare una certa cosa e, se io ci facevo parte, mi riconoscevo in quel numero e, senza pensarci, mi alzavo e seguivo attentamente gli ordini, senza fiatare e, soprattutto, cosa peggiore, senza pensare! Mi sentivo come in un campo di concentramento, dove il numero 60 (io) doveva fare così e così e attenersi e basta. Un'altra cosa che ho constatato è che quell'ambiente è psicologicamernte devastante, nel senso che ti tenevano ad aspettare anche ore, e dovevi stare in silenzio. C'erano comunque gruppi che parlavano ma io non riuscvo ad inserirmi, ma non per il fatto degli ordini, ma perchè spesso quelli che parlavano si conoscevano già per vari motivi, e stava male se volevo dire una cosa, perchè era come se dal nulla esco e dico una cosa. E loro dicono, ciascuna nella propria lingua e nel proprio accento, "e tu chi ca**o sei? e che c***o vuoi?!". Chi invece stava senza parlare, e io volevo attaccare discorso con loro (so che è un gruppo di parole molto dialettale, ma... va be poi lo dico tra un po'), bè, con loro non sapevo come attaccare e se volevano parlare anche loro, se anche loro, come me, scoppiavano a stare zitti per 10 ore.... Sicuramente, a pensarci ora, è certo che tutti volevamo parlare, dire la nostra, ma se vi troverete un giorno lì, vedrete che non è così semplice come dirlo. Alla fine, comunque, nell'ora in cui eravamo più tesi (prima di essere convocati dalla commissione), ho detto qualcosina così in un gruppo, per smorzare la tensione che era altissima in tutta la stanza!
E ora che mi ricordo, mi viene in mente un aspetto positivo di questa "esperienza" (che stavo dicendo nelle parentesi, ma che ho preferito rimandare ad ora): ho acquistato tanta più fiducia in me e sono sempre più fiero di essere nato nella mia città (ma non per questo rimangio le parola che scrissi tempo fa sul fatto che non vedo l'ora di lasciare Martina).
Alla luce di questo risultato, comunque, è sempre più vicina l'ipotesi che dopo le superiori studierò all'università di Taranto (che ddipende da Bari), e che alla fine Martina sarà sempre parte di me, nel bene (quale?) e nel male (molto!).
Avrei voluto anche mettere una bellissima canzone, ma visto che mi sembra di aver scritto un romanzo e che sicuramente la stanchezza (non potete immaginare come mi sia scombussolato tutti i ritmi miei in 4 giorni!) ha prevalso sulla correttezza del linguaggio, non posso che rimandarvi alla prossima.
A risentirci.
Partiamo subito dalla conclusione: "non idoneo" perchè mancano più gradi di quanti previsti dal bando. In realtà., prima di partecipare al concorso, andai dall'oculista cui mi rivolgo per i controlli, e lui mi rassicurò per un'ora (dalle 9 alle 10 circa) che sicuramente agli occhi non c'erano problemi e che dal suo punto di vista ce la facevo (sempre limitatamente al suo campo).
Bene, che succede? Come avrete capito, supero tutte le prove, ma arrivato all'oculista militare, questo mi dice che non ce la potevo fare. E mi sento così in vena oggi che creo una nuova beatitudine: "Beati i raccomandati, perchè loro è il posto di lavoro!".
E va bene, che ci possiamo fare... L'aspetto positivo (come dicono molti) è che ho fatto esperienza... Se ve la devo spiegare io lìesperienza che ho fatto, non è che posso dire chissà cosa... Certo, ho imparato come funzionano tutti gli accertamenti sanitari che ti fanno, le prove fisiche e la reazione del mio corpo a queste... E dopo? Prendendola alla larga, posso dire che ho imparato alcuni accenti italiani, ho approfondito il "romano" e... ho constatato che la mensa ai Carabinieri non è pessima, ma non è neanche da Gambero Rosso (ora non mi ricordo se si chiama così quella rivistacon i migliori ristoranti italiani). Ah, e da non dimenticarsi che ho visitao un po' Roma (dall'autobus... ma c'è una lunga storia dietro).
Se poi voglio continuare con la lista, posso dire alcune sensazioni che ho provato a stare lì. L'addestramentto militare è tosto e noi eravamo chiamati per numeri. Allora succedeva che chiamavano dei numeri per fare una certa cosa e, se io ci facevo parte, mi riconoscevo in quel numero e, senza pensarci, mi alzavo e seguivo attentamente gli ordini, senza fiatare e, soprattutto, cosa peggiore, senza pensare! Mi sentivo come in un campo di concentramento, dove il numero 60 (io) doveva fare così e così e attenersi e basta. Un'altra cosa che ho constatato è che quell'ambiente è psicologicamernte devastante, nel senso che ti tenevano ad aspettare anche ore, e dovevi stare in silenzio. C'erano comunque gruppi che parlavano ma io non riuscvo ad inserirmi, ma non per il fatto degli ordini, ma perchè spesso quelli che parlavano si conoscevano già per vari motivi, e stava male se volevo dire una cosa, perchè era come se dal nulla esco e dico una cosa. E loro dicono, ciascuna nella propria lingua e nel proprio accento, "e tu chi ca**o sei? e che c***o vuoi?!". Chi invece stava senza parlare, e io volevo attaccare discorso con loro (so che è un gruppo di parole molto dialettale, ma... va be poi lo dico tra un po'), bè, con loro non sapevo come attaccare e se volevano parlare anche loro, se anche loro, come me, scoppiavano a stare zitti per 10 ore.... Sicuramente, a pensarci ora, è certo che tutti volevamo parlare, dire la nostra, ma se vi troverete un giorno lì, vedrete che non è così semplice come dirlo. Alla fine, comunque, nell'ora in cui eravamo più tesi (prima di essere convocati dalla commissione), ho detto qualcosina così in un gruppo, per smorzare la tensione che era altissima in tutta la stanza!
E ora che mi ricordo, mi viene in mente un aspetto positivo di questa "esperienza" (che stavo dicendo nelle parentesi, ma che ho preferito rimandare ad ora): ho acquistato tanta più fiducia in me e sono sempre più fiero di essere nato nella mia città (ma non per questo rimangio le parola che scrissi tempo fa sul fatto che non vedo l'ora di lasciare Martina).
Alla luce di questo risultato, comunque, è sempre più vicina l'ipotesi che dopo le superiori studierò all'università di Taranto (che ddipende da Bari), e che alla fine Martina sarà sempre parte di me, nel bene (quale?) e nel male (molto!).
Avrei voluto anche mettere una bellissima canzone, ma visto che mi sembra di aver scritto un romanzo e che sicuramente la stanchezza (non potete immaginare come mi sia scombussolato tutti i ritmi miei in 4 giorni!) ha prevalso sulla correttezza del linguaggio, non posso che rimandarvi alla prossima.
A risentirci.
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