Auguri di buona Pasqua a
tutti! Avrei voluto scrivere una
cosa che mi è capitata di pensare... Ma è Pasqua, giorno di gioia e rinascita
della vita! Una poesia volevo comunque
riportare, pienamente pasquale, scritta da Gianni Rodari e sicuramente molto
famosa: "Dall'uovo di Pasqua"
Dall'uovo di Pasqua è uscito un pulcino di gesso arancione col becco turchino. Ha detto: "Vado, mi metto in viaggio e porto a tutti un grande messaggio". E volteggiando di qua e di là attraversando paesi e città ha scritto sui muri, nel cielo e per terra: "Viva la pace, abbasso la guerra". La mia passione per Ungaretti, infine, mi spinge
a riportare un altro componimento non pienamente pasquale, ma che fu scritto da
Ungaretti il giorno di Pasqua durante la guerra a Roma. Non è semplice da
capire, come da stile suo, ma a me piace e risponde un po' all'interrogativo
che molti oggi si pongono: "Ma Dio dov'è?" “MIO FIUME ANCHE TU” Mio
fiume anche tu, Tevere fatale, Ora
che notte già turbata scorre; Ora
che persistente E
come a stento erotto dalla pietra Un
gemito d'agnelli si propaga Smarrito
per le strade esterrefatte; Che
di male l'attesa senza requie, Il
peggiore dei mali, Che
l'attesa di male imprevedibile Intralcia
animo e passi; Che
singhiozzi infiniti, a lungo rantoli Agghiacciano
le case tane incerte; Ora
che scorre notte già straziata, Che
ogni attimo spariscono di schianto O
temono l'offesa tanti segni Giunti,
quasi divine forme, a splendere Per
ascensione di millenni umani; Ora
che già sconvolta scorre notte, E
quanto un uomo può patire imparo; Ora
ora, mentre schiavo Il
mondo d'abissale pena soffoca; Ora
che insopportabile il tormento Si
sfrena tra i fratelli in ira a morte; Ora
che osano dire Le
mie blasfeme labbra: "Cristo,
pensoso palpito, Perchè
la Tua bontà S'è
tanto allontanata?" Ora
che pecorelle cogli agnelli Si
sbandano stupite e, per le strade Che
già furono urbane, si desolano; Ora
che prova un popolo Dopo
gli strappi dell'emigrazione, La
stolta iniquità Delle
deportazioni; Ora
che nelle fosse Con
fantasia ritorta E
mani spudorate Dalle
fattezze umane l'uomo lacera L'immagine
divina E
pietà in grido si contrae di pietra; Ora
che l'innocenza Reclama
almeno un eco, E
geme anche nel cuore più indurito; Ora
che sono vani gli altri gridi; Vedo
ora chiaro nella notte triste. Vedo
ora nella notte triste, imparo, So
che l'inferno s'apre sulla terra Su
misura di quanto L'uomo
si sottrae, folle, Alla
purezza della Tua passione. Fa
piaga nel Tuo cuore La
somma del dolore Che
va spargendo sulla terra l'uomo; Il
Tuo cuore è la sede appassionata Dell'amore
non vano. Cristo,
pensoso palpito, Astro
incarnato nell'umane tenebre, Fratello
che t'immoli Perennemente
per riedificare Uamnamente
l'uomo, Santo,
Santo che soffri, Maestro
e fratello e Dio che ci sai deboli, Santo,
Santo che soffri Per
liberare dalla morte i morti E
sorreggere noi infelici vivi, D'un
pianto solo mio non piango più, Ecco,
Ti chiamo, Santo, Santo,
Santo che soffri.
tutti! Avrei voluto scrivere una
cosa che mi è capitata di pensare... Ma è Pasqua, giorno di gioia e rinascita
della vita! Una poesia volevo comunque
riportare, pienamente pasquale, scritta da Gianni Rodari e sicuramente molto
famosa: "Dall'uovo di Pasqua"
Dall'uovo di Pasqua è uscito un pulcino di gesso arancione col becco turchino. Ha detto: "Vado, mi metto in viaggio e porto a tutti un grande messaggio". E volteggiando di qua e di là attraversando paesi e città ha scritto sui muri, nel cielo e per terra: "Viva la pace, abbasso la guerra". La mia passione per Ungaretti, infine, mi spinge
a riportare un altro componimento non pienamente pasquale, ma che fu scritto da
Ungaretti il giorno di Pasqua durante la guerra a Roma. Non è semplice da
capire, come da stile suo, ma a me piace e risponde un po' all'interrogativo
che molti oggi si pongono: "Ma Dio dov'è?" “MIO FIUME ANCHE TU” Mio
fiume anche tu, Tevere fatale, Ora
che notte già turbata scorre; Ora
che persistente E
come a stento erotto dalla pietra Un
gemito d'agnelli si propaga Smarrito
per le strade esterrefatte; Che
di male l'attesa senza requie, Il
peggiore dei mali, Che
l'attesa di male imprevedibile Intralcia
animo e passi; Che
singhiozzi infiniti, a lungo rantoli Agghiacciano
le case tane incerte; Ora
che scorre notte già straziata, Che
ogni attimo spariscono di schianto O
temono l'offesa tanti segni Giunti,
quasi divine forme, a splendere Per
ascensione di millenni umani; Ora
che già sconvolta scorre notte, E
quanto un uomo può patire imparo; Ora
ora, mentre schiavo Il
mondo d'abissale pena soffoca; Ora
che insopportabile il tormento Si
sfrena tra i fratelli in ira a morte; Ora
che osano dire Le
mie blasfeme labbra: "Cristo,
pensoso palpito, Perchè
la Tua bontà S'è
tanto allontanata?" Ora
che pecorelle cogli agnelli Si
sbandano stupite e, per le strade Che
già furono urbane, si desolano; Ora
che prova un popolo Dopo
gli strappi dell'emigrazione, La
stolta iniquità Delle
deportazioni; Ora
che nelle fosse Con
fantasia ritorta E
mani spudorate Dalle
fattezze umane l'uomo lacera L'immagine
divina E
pietà in grido si contrae di pietra; Ora
che l'innocenza Reclama
almeno un eco, E
geme anche nel cuore più indurito; Ora
che sono vani gli altri gridi; Vedo
ora chiaro nella notte triste. Vedo
ora nella notte triste, imparo, So
che l'inferno s'apre sulla terra Su
misura di quanto L'uomo
si sottrae, folle, Alla
purezza della Tua passione. Fa
piaga nel Tuo cuore La
somma del dolore Che
va spargendo sulla terra l'uomo; Il
Tuo cuore è la sede appassionata Dell'amore
non vano. Cristo,
pensoso palpito, Astro
incarnato nell'umane tenebre, Fratello
che t'immoli Perennemente
per riedificare Uamnamente
l'uomo, Santo,
Santo che soffri, Maestro
e fratello e Dio che ci sai deboli, Santo,
Santo che soffri Per
liberare dalla morte i morti E
sorreggere noi infelici vivi, D'un
pianto solo mio non piango più, Ecco,
Ti chiamo, Santo, Santo,
Santo che soffri.
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