Questo
pomeriggio stavo "vagabondando" nel mio tempo libero e mi è capitata
di sentire giust'appunto una canzone dei Nomadi, l'unica che ho, che mi ha
ispirato un pochino.
Non
so, il testo mi stava piacendo e allora l'ho cercato negli meandri più reconditi
del mio pc il testo perché sapevo di averlo. Ed ecco qui che ve lo faccio
leggere. Si tratta di “Io, vagabondo”.
“Io un giorno crescerò / e
nel cielo della vita volerò. / Ma un bimbo che ne sa / sempre azzurra non / può
essere l'età… / Poi, una notte di settembre / mi svegliai, il vento sulla /
pelle, sul mio corpo il / chiarore delle stelle; / chissà dov’era casa mia / e
quel bambino che / giocava in un cortile… / Io, vagabondo che son io, /
vagabondo che non sono altro / soldi in tasca non ne ho, / ma lassù mi è
rimasto Dio. / Sì, la strada è ancora là / un deserto mi sembrava la città. /
Ma un bimbo che ne sa sempre /
azzurra non può essere l'età. / Poi, una notte di settembre / me ne andai, il fuoco / di un camino, non è
caldo / come il sole del mattino, / chissà dov’era casa mia / e quel bambino
che / giocava in un cortile…”
La cosa che più mi ha colpito
di questo testo è stato il fatto che ognuno di noi, a un certo punto della
propria vita deve fare i conti con la crescita e l’abbandono di ogni segno e
simbolo che lo lega all’infanzia. Voi ne siete pronti?
Mi racconterò un poco oggi
(come dovrei fare più spesso). Non sono sicuro di voler crescere e lasciare la
sicurezza di un tetto, di dei sentimenti familiari per andare incontro a cosa?
All’incertezza! Perché lasciando casa troverò la brutalità di un mondo di cui
non mi sento appartenere, la malvagità, l’egoismo, la falsità delle persone che
pensano solo a soddisfare i propri interessi per sentirsi realizzati.
Io voglio sentirmi
realizzato, voglio realizzarmi, andare incontro ai miei sogni e vederli
realizzati, ma mi sento inadeguato. Mi è stata insegnato, da buon cristiano,
come vivere e come affrontare la vita, seguendo il bene e la “retta via” e non
posso dire che me ne dispiaccio perché sicuramente questo stile di vita lo
vorrò insegnare anche ai miei figli. Ma non è stato sufficiente perché uscendo
dalle mura di casa mi sono accorto che il mondo per come me l’hanno fatto
vedere è completamente diverso, con furti, omicidi, sregolatezze e voglia di
protagonismo, senza umiltà, cortesia e lealtà. Una giungla di persone che
scende a patti col diavolo per vedere il male del rivale. Eppure siamo tutti
fratelli. Siamo tutti umani che discendiamo da una stessa cellula che non si sa
quanti miliardi di anni fa ci ha dato la vita.
Ebbene, “io un giorno
crescerò”, in parte l’ho già fatto per adeguarmi al mondo, cercando di non
dimenticare le mie radici e la mia educazione di base, ma per l’altra parte mi
sento spaventato solo al pensiero di proiettarmi “nel cielo della vita”.
Quando verrà, quindi, la mia
maturazione definitiva? Sapete, c’è un aforisma di Gilde che dice “Non si scoprono
terre nuove senza accettare di perdere di vista, prima, e per molto tempo,
terre conosciute.”. Cercherò prima di capire questa fase mia e poi mi lascerò
questa “azzurra età, che ormai non mi si addice più.
A presto!
pomeriggio stavo "vagabondando" nel mio tempo libero e mi è capitata
di sentire giust'appunto una canzone dei Nomadi, l'unica che ho, che mi ha
ispirato un pochino.
Non
so, il testo mi stava piacendo e allora l'ho cercato negli meandri più reconditi
del mio pc il testo perché sapevo di averlo. Ed ecco qui che ve lo faccio
leggere. Si tratta di “Io, vagabondo”.
“Io un giorno crescerò / e
nel cielo della vita volerò. / Ma un bimbo che ne sa / sempre azzurra non / può
essere l'età… / Poi, una notte di settembre / mi svegliai, il vento sulla /
pelle, sul mio corpo il / chiarore delle stelle; / chissà dov’era casa mia / e
quel bambino che / giocava in un cortile… / Io, vagabondo che son io, /
vagabondo che non sono altro / soldi in tasca non ne ho, / ma lassù mi è
rimasto Dio. / Sì, la strada è ancora là / un deserto mi sembrava la città. /
Ma un bimbo che ne sa sempre /
azzurra non può essere l'età. / Poi, una notte di settembre / me ne andai, il fuoco / di un camino, non è
caldo / come il sole del mattino, / chissà dov’era casa mia / e quel bambino
che / giocava in un cortile…”
La cosa che più mi ha colpito
di questo testo è stato il fatto che ognuno di noi, a un certo punto della
propria vita deve fare i conti con la crescita e l’abbandono di ogni segno e
simbolo che lo lega all’infanzia. Voi ne siete pronti?
Mi racconterò un poco oggi
(come dovrei fare più spesso). Non sono sicuro di voler crescere e lasciare la
sicurezza di un tetto, di dei sentimenti familiari per andare incontro a cosa?
All’incertezza! Perché lasciando casa troverò la brutalità di un mondo di cui
non mi sento appartenere, la malvagità, l’egoismo, la falsità delle persone che
pensano solo a soddisfare i propri interessi per sentirsi realizzati.
Io voglio sentirmi
realizzato, voglio realizzarmi, andare incontro ai miei sogni e vederli
realizzati, ma mi sento inadeguato. Mi è stata insegnato, da buon cristiano,
come vivere e come affrontare la vita, seguendo il bene e la “retta via” e non
posso dire che me ne dispiaccio perché sicuramente questo stile di vita lo
vorrò insegnare anche ai miei figli. Ma non è stato sufficiente perché uscendo
dalle mura di casa mi sono accorto che il mondo per come me l’hanno fatto
vedere è completamente diverso, con furti, omicidi, sregolatezze e voglia di
protagonismo, senza umiltà, cortesia e lealtà. Una giungla di persone che
scende a patti col diavolo per vedere il male del rivale. Eppure siamo tutti
fratelli. Siamo tutti umani che discendiamo da una stessa cellula che non si sa
quanti miliardi di anni fa ci ha dato la vita.
Ebbene, “io un giorno
crescerò”, in parte l’ho già fatto per adeguarmi al mondo, cercando di non
dimenticare le mie radici e la mia educazione di base, ma per l’altra parte mi
sento spaventato solo al pensiero di proiettarmi “nel cielo della vita”.
Quando verrà, quindi, la mia
maturazione definitiva? Sapete, c’è un aforisma di Gilde che dice “Non si scoprono
terre nuove senza accettare di perdere di vista, prima, e per molto tempo,
terre conosciute.”. Cercherò prima di capire questa fase mia e poi mi lascerò
questa “azzurra età, che ormai non mi si addice più.
A presto!
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